Camino da St. Jean de Port a Santiago de Compostela e Fisterra in Mountain-Bike dal 23 Luglio al 1 Agosto 2011. Il ciclo-racconto dei protagonisti!
PROLOGO
Non era ancora stata archiviata la pedalata da Grumello a Gerusalemme che già alcuni del gruppo si domandavano: “L’anno prossimo cosa faremo?” Scartata l’ipotesi della pedalata a Capo Nord che richiedeva un po’ più di tempo il buon Beppe aveva pensato a Częstochowa ma non in via diretta, che sono solo 1300 km, ma con alcune varianti nel senso che, ogni giorno, dovevamo arrivare ad un Santuario Mariano allungando quindi il percorso.
L’idea però non ha fatto breccia nel cuore di nessuno anche perché qualcuno, da tempo, pensava a Santiago. Il Beppe non era tanto propenso prima di tutto perché l’aveva già fatto a piedi nel 2008 e poi Santiago in bici, non lo riteneva il massimo.
Alla fine però visto che le idee scarseggiavano, soprattutto perché nessuno si faceva avanti per altre mete, i due che la volevano fortemente: Renzo e Elia hanno avuto il sopravvento e alla fine è stato Santiago. In pochi però 2-3 al massimo. Il Beppe a quel punto visto che non c’erano alternative si è accodato ed ha coinvolto nel progetto anche il suo amico Gianfranco, Presidente degli Amici del Pedale di Predore. Quest’ultimo, già pentito, per non aver potuto partecipare, l’anno prima, al raid: Grumello – Gerusalemme, questa volta, dopo aver sentito le donne di casa, ha detto di sì.
Quindi, a marzo, abbiamo deciso che sarebbe stato Santiago, in mountain-bike e con le borse.
In macchina saremmo andati a St. Jean Pied de Port e poi da lì in bici con le nostre borse avremmo compiuto il percorso in circa 15 gg. per poi rientrare a Hendaye o Pamplona con Autobus o furgone preso a noleggio e poi ancora in bici sino a St. Jean Pied de Port, per riprendere la macchina.
Ad un certo punto l’uomo delle avventure del mondo “Giancarlo” vuole unirsi a noi. Gli diciamo che purtroppo in macchina non c’è posto per il quinto e neppure per la quinta bicicletta.
Nel frattempo arriviamo a giugno. Durante la biciclettata sulle Dolomiti Renzo e Pierangelo parlano di Santiago ed incominciano a dire: “Che bello sarebbe avere un camper al seguito!”
Beppe e Gianfranco non ci sentono e dopo un incontro presso “Casa famiglia” : dopo aver valutato i pro ed i contro si boccia la proposta camper.
Argomento chiuso: ma neanche per sogno! Pochi giorni dopo veniamo a sapere che Mario Magri del gruppo MTB Terrerosse, verrebbe volentieri anche lui ed avrebbe trovato un pulmino che potrebbe portare tutti con relative bici ad un costo irrisorio: 1.000,00 Euro e poi Renzo, per motivi personali, gradirebbe poter ridurre le giornate fuori casa. Come si fa a dire di no ad una simile proposta che, oltre a risolvere il problema del rientro da Santiago a St. Jean de Port ci permette anche di suddividere la spesa su sei partecipanti? Nel frattempo infatti era stato interpellato anche Giancarlo il quale non appena avvertito dopo 10 minuti ci raggiunge, con i suoi due cani, che però non sono ben accetti nella “Casa famiglia” e devono restare fuori, ed accetta entusiasta.
Giancarlo ci conferma comunque che la sua intenzione è di andare in bici da corsa sino a St. Jean Pied De Port, via Lourdes. Dato che il pulmino è grande ed una bici in più non crea problemi non solleviamo obiezioni.
Ora manca solo l’autista del pulmino. Il buon Pierangelo, mosso da compassione, accetta di farci da balia.
A questo punto però il famoso pulmino da 1.000,00 Euro non esiste e la scelta alla fine cade non su un pulmino ma su un camper – più adatto alle nostre esigenze – soprattutto per quanto riguarda i pernottamenti e la preparazione degli spuntini pomeridiani e le cene a base di pastasciutta!
Però a questo punto si pone il problema della bicicletta di Giancarlo in più che però in seguito si risolve in quanto Giancarlo decide di fare il viaggio con la moutain-bike con gomme slick, su suggerimento di Marco – come fatto da Beppe lo scorso anno a Gerusalemme, Gianfranco e Beppe che, nel frattempo, avevano già confermato le borse: si adeguano ma con l’intenzione di fare il percorso con le stesse sulle biciclette. Gli altri invece optano per una piccola borsa sul portapacchi con l’indispensabile. I borsoni invece viaggeranno con il camper.
Nel corso dell’ultima riunione: 18 luglio ore 20.45 presso la sede del Gruppo ciclistico di Grumello del Monte per affinare i dettagli dei preparativi e decidere cosa portare, sia a livello individuale che a livello di gruppo, veniamo onorati dalla presenza del Presidente del Gruppo: Luca Piroli. Quest’ultimo, una volta esauriti i nostri argomenti, ci dice che forse potrebbe venire anche lui, non in mountain-bike, ma con la bici da corsa: per fare da navigatore a papà Pierangelo. L’idea ci rallegra moltissimo in quanto ci risolverebbe i problemi connessi agli incontri pomeridiani per lo spuntino e le soste serali. Facciamo voti ed accendiamo ceri perché l’idea si concretizzi: e così è!
Visti i tempi stretti – il camper deve essere tassativamente riconsegnato il 5 agosto ore 09:00, per non perdere un giorno, decidiamo di anticipare la partenza a venerdì sera per poter già fare il sabato la prima tappa. Elia si adegua e costringe le sue donne a fare un altro giorno senza di lui! All’inizio lui avrebbe dovuto chiudere il 24 luglio ma poi per motivi burocratici la chiusura gli è stata spostata di una settimana e quindi le sue donne sono rimaste senza l’asse portante non 7 ma ben 8 giorni.
INIZIA L’AVVENTURA!
23 luglio, Tappa 0: Trasferimento a St. Jean Pied de Port.
Consegna, in mattinata, presso la casa di Pierangelo di alcuni materiali.
Ore 15.00 – ritiro camper. I tempi si prolungano in quanto manca un pezzo per il fissaggio della terza bicicletta. Verso le 16,30 arriva finalmente il camper ed inizia il carico, con la supervisione di Pierangelo: un esperto ormai in materia – anche perché in fin dei conti alla fine sarà lui il gestore e quando ci servirà qualcosa andremo da lui per chiedergli dove si trova. Non abbiamo ancora iniziato a caricare che spunta la faccia sorridente di Vittorio, il quale, esperto in carichi ci fa, non solo recuperare, ma guadagnare anche il tempo perso. Nel frattempo Luca conferma di essere arrivato a casa ed alle 18.50 circa si parte da San Pantaleone per l’avventura. Si scende a valle: dove recuperiamo: Elia, Renzo e Mario. Un piccolo contrattempo con il marsupio di Renzo ci fa fare un giro di propaganda in quel di Grumello. Una volta rientrato l’allarme e recuperato Luca presso casa sua imbocchiamo l’autostrada a tutta velocità per divorare i 1.290 km che ci separano da St. Jean con l’intento di arrivare verso le 09.00-10.00 del mattino dove troveremo, ad attenderci, Giancarlo.
Pierangelo guida per il primo tratto e anziché passare per la tangenziale Est ci fa fare il giro di Milano sulla Ovest! Siamo in piena corsa quando, poco prima di Pavia, una macchina che ci supera ci fa dei segni strani: forse abbiamo forato! Primi segni di panico a bordo: non per la foratura ma per il tempo che perderemo – il gommista Marco non fa parte della comitiva. Una volta scesi notiamo che non abbiamo forato ma che il bagagliaio laterale non era stato ben chiuso. Tirato un sospiro di sollievo proseguiamo e verso le ore 21.00 ci fermiamo all’area di sosta di Novi per la cena: dove trangugiamo: affettati, pizze, torte etc. preparate da Elia. I soliti noti vedono il fondo di due bottiglie di vino che tengono ben lontano da quelli che dovranno guidare!
Dopo la sosta Luca prende il volante e via spediti. Man mano che passa il tempo mi accorgo che il camper non viaggia come una macchina e che quindi i tempi si allungheranno di molto anche perché in Francia ti fermano ogni pochi km. per rapinarti di 2-3-4 Euro per pagare il pedaggio. Mentre Luca guida abbassiamo i tavolini e cerchiamo, non di dormire, ma di riposare un po’: anche se qualcuno nella branda posteriore riesce anche a russare e Gianfranco dorme o fa finta di dormire, in quanto non si muove, per tutta la notte.
23 luglio, 1a Tappa: St. Jean Pied de Port – Roncisvalle: 27 km.
Una volta ogni tanto ci si ferma per far riposare il motore del camper ed alla guida si alternano anche Elia e Mario. I tempi non si allungano si dilatano ed il mistral che soffia sulla Langdocienne non ci aiuta nel recupero. Inoltre il cielo non promette niente di buono. Dopo Toulouse ci fermiamo presso un’area di sosta per fare la colazione. Mai sosta fu più azzeccata in quanto ci ritroviamo in un luogo con un monumento particolare dedicato al Tour de France ed ai suoi campioni.
Non era ancora stata archiviata la pedalata da Grumello a Gerusalemme che già alcuni del gruppo si domandavano: “L’anno prossimo cosa faremo?” Scartata l’ipotesi della pedalata a Capo Nord che richiedeva un po’ più di tempo il buon Beppe aveva pensato a Częstochowa ma non in via diretta, che sono solo 1300 km, ma con alcune varianti nel senso che, ogni giorno, dovevamo arrivare ad un Santuario Mariano allungando quindi il percorso.
L’idea però non ha fatto breccia nel cuore di nessuno anche perché qualcuno, da tempo, pensava a Santiago. Il Beppe non era tanto propenso prima di tutto perché l’aveva già fatto a piedi nel 2008 e poi Santiago in bici, non lo riteneva il massimo.
Alla fine però visto che le idee scarseggiavano, soprattutto perché nessuno si faceva avanti per altre mete, i due che la volevano fortemente: Renzo e Elia hanno avuto il sopravvento e alla fine è stato Santiago. In pochi però 2-3 al massimo. Il Beppe a quel punto visto che non c’erano alternative si è accodato ed ha coinvolto nel progetto anche il suo amico Gianfranco, Presidente degli Amici del Pedale di Predore. Quest’ultimo, già pentito, per non aver potuto partecipare, l’anno prima, al raid: Grumello – Gerusalemme, questa volta, dopo aver sentito le donne di casa, ha detto di sì.
Quindi, a marzo, abbiamo deciso che sarebbe stato Santiago, in mountain-bike e con le borse.
In macchina saremmo andati a St. Jean Pied de Port e poi da lì in bici con le nostre borse avremmo compiuto il percorso in circa 15 gg. per poi rientrare a Hendaye o Pamplona con Autobus o furgone preso a noleggio e poi ancora in bici sino a St. Jean Pied de Port, per riprendere la macchina.
Ad un certo punto l’uomo delle avventure del mondo “Giancarlo” vuole unirsi a noi. Gli diciamo che purtroppo in macchina non c’è posto per il quinto e neppure per la quinta bicicletta.
Nel frattempo arriviamo a giugno. Durante la biciclettata sulle Dolomiti Renzo e Pierangelo parlano di Santiago ed incominciano a dire: “Che bello sarebbe avere un camper al seguito!”
Beppe e Gianfranco non ci sentono e dopo un incontro presso “Casa famiglia” : dopo aver valutato i pro ed i contro si boccia la proposta camper.
Argomento chiuso: ma neanche per sogno! Pochi giorni dopo veniamo a sapere che Mario Magri del gruppo MTB Terrerosse, verrebbe volentieri anche lui ed avrebbe trovato un pulmino che potrebbe portare tutti con relative bici ad un costo irrisorio: 1.000,00 Euro e poi Renzo, per motivi personali, gradirebbe poter ridurre le giornate fuori casa. Come si fa a dire di no ad una simile proposta che, oltre a risolvere il problema del rientro da Santiago a St. Jean de Port ci permette anche di suddividere la spesa su sei partecipanti? Nel frattempo infatti era stato interpellato anche Giancarlo il quale non appena avvertito dopo 10 minuti ci raggiunge, con i suoi due cani, che però non sono ben accetti nella “Casa famiglia” e devono restare fuori, ed accetta entusiasta.
Giancarlo ci conferma comunque che la sua intenzione è di andare in bici da corsa sino a St. Jean Pied De Port, via Lourdes. Dato che il pulmino è grande ed una bici in più non crea problemi non solleviamo obiezioni.
Ora manca solo l’autista del pulmino. Il buon Pierangelo, mosso da compassione, accetta di farci da balia.
A questo punto però il famoso pulmino da 1.000,00 Euro non esiste e la scelta alla fine cade non su un pulmino ma su un camper – più adatto alle nostre esigenze – soprattutto per quanto riguarda i pernottamenti e la preparazione degli spuntini pomeridiani e le cene a base di pastasciutta!
Però a questo punto si pone il problema della bicicletta di Giancarlo in più che però in seguito si risolve in quanto Giancarlo decide di fare il viaggio con la moutain-bike con gomme slick, su suggerimento di Marco – come fatto da Beppe lo scorso anno a Gerusalemme, Gianfranco e Beppe che, nel frattempo, avevano già confermato le borse: si adeguano ma con l’intenzione di fare il percorso con le stesse sulle biciclette. Gli altri invece optano per una piccola borsa sul portapacchi con l’indispensabile. I borsoni invece viaggeranno con il camper.
Nel corso dell’ultima riunione: 18 luglio ore 20.45 presso la sede del Gruppo ciclistico di Grumello del Monte per affinare i dettagli dei preparativi e decidere cosa portare, sia a livello individuale che a livello di gruppo, veniamo onorati dalla presenza del Presidente del Gruppo: Luca Piroli. Quest’ultimo, una volta esauriti i nostri argomenti, ci dice che forse potrebbe venire anche lui, non in mountain-bike, ma con la bici da corsa: per fare da navigatore a papà Pierangelo. L’idea ci rallegra moltissimo in quanto ci risolverebbe i problemi connessi agli incontri pomeridiani per lo spuntino e le soste serali. Facciamo voti ed accendiamo ceri perché l’idea si concretizzi: e così è!
Visti i tempi stretti – il camper deve essere tassativamente riconsegnato il 5 agosto ore 09:00, per non perdere un giorno, decidiamo di anticipare la partenza a venerdì sera per poter già fare il sabato la prima tappa. Elia si adegua e costringe le sue donne a fare un altro giorno senza di lui! All’inizio lui avrebbe dovuto chiudere il 24 luglio ma poi per motivi burocratici la chiusura gli è stata spostata di una settimana e quindi le sue donne sono rimaste senza l’asse portante non 7 ma ben 8 giorni.
INIZIA L’AVVENTURA!
23 luglio, Tappa 0: Trasferimento a St. Jean Pied de Port.
Consegna, in mattinata, presso la casa di Pierangelo di alcuni materiali.
Ore 15.00 – ritiro camper. I tempi si prolungano in quanto manca un pezzo per il fissaggio della terza bicicletta. Verso le 16,30 arriva finalmente il camper ed inizia il carico, con la supervisione di Pierangelo: un esperto ormai in materia – anche perché in fin dei conti alla fine sarà lui il gestore e quando ci servirà qualcosa andremo da lui per chiedergli dove si trova. Non abbiamo ancora iniziato a caricare che spunta la faccia sorridente di Vittorio, il quale, esperto in carichi ci fa, non solo recuperare, ma guadagnare anche il tempo perso. Nel frattempo Luca conferma di essere arrivato a casa ed alle 18.50 circa si parte da San Pantaleone per l’avventura. Si scende a valle: dove recuperiamo: Elia, Renzo e Mario. Un piccolo contrattempo con il marsupio di Renzo ci fa fare un giro di propaganda in quel di Grumello. Una volta rientrato l’allarme e recuperato Luca presso casa sua imbocchiamo l’autostrada a tutta velocità per divorare i 1.290 km che ci separano da St. Jean con l’intento di arrivare verso le 09.00-10.00 del mattino dove troveremo, ad attenderci, Giancarlo.
Pierangelo guida per il primo tratto e anziché passare per la tangenziale Est ci fa fare il giro di Milano sulla Ovest! Siamo in piena corsa quando, poco prima di Pavia, una macchina che ci supera ci fa dei segni strani: forse abbiamo forato! Primi segni di panico a bordo: non per la foratura ma per il tempo che perderemo – il gommista Marco non fa parte della comitiva. Una volta scesi notiamo che non abbiamo forato ma che il bagagliaio laterale non era stato ben chiuso. Tirato un sospiro di sollievo proseguiamo e verso le ore 21.00 ci fermiamo all’area di sosta di Novi per la cena: dove trangugiamo: affettati, pizze, torte etc. preparate da Elia. I soliti noti vedono il fondo di due bottiglie di vino che tengono ben lontano da quelli che dovranno guidare!
Dopo la sosta Luca prende il volante e via spediti. Man mano che passa il tempo mi accorgo che il camper non viaggia come una macchina e che quindi i tempi si allungheranno di molto anche perché in Francia ti fermano ogni pochi km. per rapinarti di 2-3-4 Euro per pagare il pedaggio. Mentre Luca guida abbassiamo i tavolini e cerchiamo, non di dormire, ma di riposare un po’: anche se qualcuno nella branda posteriore riesce anche a russare e Gianfranco dorme o fa finta di dormire, in quanto non si muove, per tutta la notte.
23 luglio, 1a Tappa: St. Jean Pied de Port – Roncisvalle: 27 km.
Una volta ogni tanto ci si ferma per far riposare il motore del camper ed alla guida si alternano anche Elia e Mario. I tempi non si allungano si dilatano ed il mistral che soffia sulla Langdocienne non ci aiuta nel recupero. Inoltre il cielo non promette niente di buono. Dopo Toulouse ci fermiamo presso un’area di sosta per fare la colazione. Mai sosta fu più azzeccata in quanto ci ritroviamo in un luogo con un monumento particolare dedicato al Tour de France ed ai suoi campioni.
Anche qui, invece di guadagnare tempo: lo perdiamo. Pierangelo si rimette alla guida e puntiamo diritti a St. Jean Pied de Port, dover arriviamo verso le 11.30.
Subito a prendere la credenziale, dopo aver chiamato Giancarlo, che ci raggiunge dalla Stazione del treno. Infatti l’appuntamento era in prossimità della stazione per ben 3 ore prima. Giancarlo non me lo manda a dire anche perché un poliziotto, insospettito da questo ciclista che gironzolava in zona da ben quatto ore, gli aveva intimato di alzare i tacchi ed abbandonare la panchina su cui si stava appisolando.
Espletate le formalità di rito usciamo dal Paese e su uno slargo della strada, l’ingresso ad una stalla, parcheggiamo il camper. Scarichiamo le bici e ci cambiamo. Nel frattempo Pierangelo ci prepara il pranzo e prima di partire ci rimpinziamo di affettati, formaggio, pizza e crostata: il tutto innaffiato con il vino delle Corne.
Subito a prendere la credenziale, dopo aver chiamato Giancarlo, che ci raggiunge dalla Stazione del treno. Infatti l’appuntamento era in prossimità della stazione per ben 3 ore prima. Giancarlo non me lo manda a dire anche perché un poliziotto, insospettito da questo ciclista che gironzolava in zona da ben quatto ore, gli aveva intimato di alzare i tacchi ed abbandonare la panchina su cui si stava appisolando.
Espletate le formalità di rito usciamo dal Paese e su uno slargo della strada, l’ingresso ad una stalla, parcheggiamo il camper. Scarichiamo le bici e ci cambiamo. Nel frattempo Pierangelo ci prepara il pranzo e prima di partire ci rimpinziamo di affettati, formaggio, pizza e crostata: il tutto innaffiato con il vino delle Corne.
La notte passata in bianco, le scarse forze, il pensiero di dover salire da 180 a 1460 m. slm su strade con pendenze del 18% e sterrati del 25%-30% mi consigliano di lasciare le borse nel camper. Giancarlo e Renzo sono così ansiosi di iniziare l’avventura che partono di corsa senza attenderci ed al primo bivio sbagliano strada. Nessuno ha la forza di inseguirli: noi andiamo sulla strada giusta dicendoci che prima o dopo si accorgeranno. Infatti dopo 10 minuti, visto che Renzo non aveva la radio accesa, mi chiama al cellulare e risolviamo il problema. Ad un certo punto però, visto che non arrivavano e mi pareva che non fossero tanto sicuri di essere sulla strada giusta, torno sui miei passi ma non faccio neanche 500 m che li incontro. Il cielo, che nel frattempo era diventato sempre più plumbeo, incomincia a rilasciare qualche goccia. La stessa accoglienza l’avevo avuto tre anni prima quando feci il percorso a piedi. Il battesimo dell’acqua: il primo giorno!
Si procede sull’asfalto con molta lentezza in quanto le pendenze sono abbastanza impegnative e le forze scarse. Lo sterrato lo percorriamo solo per un centinaio di metri in quanto poi le pendenze si fanno impossibili e la strada diventa un sentiero sconnesso. Una volta superato questo primo ostacolo il percorso si spiana un po’ e ci rimettiamo in sella, dove resteremo quasi sino alla fine, fatti salvi alcuni brevi tratti. Prima del passo ci aspetta la fontana di Rolando dove ci dissetiamo e facciamo la foto di rito. Riprendiamo la nostra faticosa pedalata sullo sterrato e dopo aver superato il passo decidiamo di scendere ai 960 m. di Roncisvalle per il bosco. Per fortuna non ha piovuto molto e quindi il sentiero non è molto sdrucciolevole. Quando arriviamo a destino i freni fumano ed i tendini delle mani sembrano corde di violino.
Luca, che con la sua bici da corsa, aveva fatto la strada normale con il camper al seguito ci attendeva da un bel po’. Pioviggina, ma nulla a che vedere con la pioggia del mio primo viaggio a piedi. Dopo aver parcheggiato i nostri cavalli di ferro, in quella che tre anni prima era l’”Officina del Peregrino”, ci sistemiamo nelle camerate dell’ostello - appena ristrutturate ed in un luogo diverso da quello che mi aveva ospitato tre anni prima - e riposiamo in attesa della Messa, che sarà celebrata nell’Abazia alle 19:00.
Una volta terminata la cerimonia andiamo alla ricerca del ristorante. Il primo è full: il secondo anche perché non abbiamo prenotato. Quando però il gestore vede che non siamo disposti ad attendere non rinuncia a 8 menù e ci trova subito un tavolo libero. Il tavolo è per 14 persone con 4 bottiglie di vino: quando arrivano gli altri commensali spagnoli il vino è sparito, per fortuna mostrano di non gradirlo tanto. Noi replichiamo ma questa volta la bottiglia extra ce la fanno pagare.
I km. percorsi oggi sono solo 27, ma sono sembrati molti di più.
24 luglio, 2a Tappa: Roncisvalle - Pamplona - Estella: km. 88,5.
Il mattino, quando ci svegliamo, alle 06.00 è ancora notte fonda – la Spagna adotta il nostro fuso ma in pratica, essendoci tra le due nazioni una differenza di minimo 10 massimo 20 gradi, dovrebbe adottare il fuso di Londra. Il risultato è che il mattino albeggia alle 07.00 e viene notte quasi alle 22.00. Purtroppo pioviggina ancora. Facciamo colazione nel camper: in Spagna infatti i bar aprono normalmente verso le 09.00. Il manuale del percorso in bicicletta ci esorta a fare la strada normale se piove. Io poi, memore del fango incontrato durante questa tappa a seguito della pioggia, propongo questa soluzione adottata anche da Elia, Mario e Gianfranco. Renzo e Giancarlo vogliono provare l’ebbrezza del fango. Anche questa volta le borse rimangono sul camper: sono nuove, si sporcano e si bagnano: ci diciamo Gianfranco ed io.
E’ domenica e tutti dormono. La strada, un saliscendi continuo, è deserta: tutta nostra. Ogni 2-3 km, incrociamo il sentiero dei camminanti e vediamo che non ci sono tracce di fango evidenti e quindi dopo circa una decina di km., dato che nel frattempo ha smesso anche di piovere, optiamo anche noi per il sentiero. Cerchiamo di metterci in contatto con gli altri due e dopo varie vicissitudini finalmente ci incontriamo e proseguiamo insieme, sino a circa 6 km. da Pamplona. Qui i soliti due seguono il sentiero che si inerpica, mentre noi seguiamo la strada. La scelta dei soliti due si è alla fine rivelata più giusta in quanto il sentiero si inerpicava solo per circa 100 m. e poi andava diretto a Pamplona. Noi invece abbiamo dovuto fare un giro molto più largo arrivando in città da Ovest e non da Est, come era più logico.
Una volta in città, facciamo le solite foto di rito, un piccolo giro turistico per le vie dell’”encierro” dove il giorno di San Firmino, dal 7 al 14 luglio, i tori impazzano liberi per la città cercando di incornare i più coraggiosi che corrono davanti a loro.
Uno di noi sfreccia, in zona pedonale, vicino ad un passante che si lamenta con una vigilessa, che è costretta a riprenderci.
Finito il giro turistico e timbrata la credenziale ci ritroviamo presso un parco dove facciamo il nostro pranzo, sempre a base di: salame, formaggio, pizza, crostate, frutta. Il tutto sempre innaffiato con buon vino rosso dei colli di Grumello seguito da un ottimo caffè ed ammazza caffè. Quest’ultimo offerto da Giancarlo. Il cielo è sempre grigio e plumbeo.
Ripartiamo ma col dubbio di arrivare ad Estella, in quanto abbiamo abbondato con cibo e libagioni, mancano ancora 50 km. e con l’Alto del Perdon da scalare.
Dai 950 di Roncisvalle siamo scesi ai 400 circa di Pamplona ed ora dobbiamo risalire a 800. Una volta usciti dalla città il cielo si apre ed il sole fa scappare le nubi. Il panorama che si gode dall’Alto del Perdon, circondato da decine di pale eoliche è spettacolare.
Si procede sull’asfalto con molta lentezza in quanto le pendenze sono abbastanza impegnative e le forze scarse. Lo sterrato lo percorriamo solo per un centinaio di metri in quanto poi le pendenze si fanno impossibili e la strada diventa un sentiero sconnesso. Una volta superato questo primo ostacolo il percorso si spiana un po’ e ci rimettiamo in sella, dove resteremo quasi sino alla fine, fatti salvi alcuni brevi tratti. Prima del passo ci aspetta la fontana di Rolando dove ci dissetiamo e facciamo la foto di rito. Riprendiamo la nostra faticosa pedalata sullo sterrato e dopo aver superato il passo decidiamo di scendere ai 960 m. di Roncisvalle per il bosco. Per fortuna non ha piovuto molto e quindi il sentiero non è molto sdrucciolevole. Quando arriviamo a destino i freni fumano ed i tendini delle mani sembrano corde di violino.
Luca, che con la sua bici da corsa, aveva fatto la strada normale con il camper al seguito ci attendeva da un bel po’. Pioviggina, ma nulla a che vedere con la pioggia del mio primo viaggio a piedi. Dopo aver parcheggiato i nostri cavalli di ferro, in quella che tre anni prima era l’”Officina del Peregrino”, ci sistemiamo nelle camerate dell’ostello - appena ristrutturate ed in un luogo diverso da quello che mi aveva ospitato tre anni prima - e riposiamo in attesa della Messa, che sarà celebrata nell’Abazia alle 19:00.
Una volta terminata la cerimonia andiamo alla ricerca del ristorante. Il primo è full: il secondo anche perché non abbiamo prenotato. Quando però il gestore vede che non siamo disposti ad attendere non rinuncia a 8 menù e ci trova subito un tavolo libero. Il tavolo è per 14 persone con 4 bottiglie di vino: quando arrivano gli altri commensali spagnoli il vino è sparito, per fortuna mostrano di non gradirlo tanto. Noi replichiamo ma questa volta la bottiglia extra ce la fanno pagare.
I km. percorsi oggi sono solo 27, ma sono sembrati molti di più.
24 luglio, 2a Tappa: Roncisvalle - Pamplona - Estella: km. 88,5.
Il mattino, quando ci svegliamo, alle 06.00 è ancora notte fonda – la Spagna adotta il nostro fuso ma in pratica, essendoci tra le due nazioni una differenza di minimo 10 massimo 20 gradi, dovrebbe adottare il fuso di Londra. Il risultato è che il mattino albeggia alle 07.00 e viene notte quasi alle 22.00. Purtroppo pioviggina ancora. Facciamo colazione nel camper: in Spagna infatti i bar aprono normalmente verso le 09.00. Il manuale del percorso in bicicletta ci esorta a fare la strada normale se piove. Io poi, memore del fango incontrato durante questa tappa a seguito della pioggia, propongo questa soluzione adottata anche da Elia, Mario e Gianfranco. Renzo e Giancarlo vogliono provare l’ebbrezza del fango. Anche questa volta le borse rimangono sul camper: sono nuove, si sporcano e si bagnano: ci diciamo Gianfranco ed io.
E’ domenica e tutti dormono. La strada, un saliscendi continuo, è deserta: tutta nostra. Ogni 2-3 km, incrociamo il sentiero dei camminanti e vediamo che non ci sono tracce di fango evidenti e quindi dopo circa una decina di km., dato che nel frattempo ha smesso anche di piovere, optiamo anche noi per il sentiero. Cerchiamo di metterci in contatto con gli altri due e dopo varie vicissitudini finalmente ci incontriamo e proseguiamo insieme, sino a circa 6 km. da Pamplona. Qui i soliti due seguono il sentiero che si inerpica, mentre noi seguiamo la strada. La scelta dei soliti due si è alla fine rivelata più giusta in quanto il sentiero si inerpicava solo per circa 100 m. e poi andava diretto a Pamplona. Noi invece abbiamo dovuto fare un giro molto più largo arrivando in città da Ovest e non da Est, come era più logico.
Una volta in città, facciamo le solite foto di rito, un piccolo giro turistico per le vie dell’”encierro” dove il giorno di San Firmino, dal 7 al 14 luglio, i tori impazzano liberi per la città cercando di incornare i più coraggiosi che corrono davanti a loro.
Uno di noi sfreccia, in zona pedonale, vicino ad un passante che si lamenta con una vigilessa, che è costretta a riprenderci.
Finito il giro turistico e timbrata la credenziale ci ritroviamo presso un parco dove facciamo il nostro pranzo, sempre a base di: salame, formaggio, pizza, crostate, frutta. Il tutto sempre innaffiato con buon vino rosso dei colli di Grumello seguito da un ottimo caffè ed ammazza caffè. Quest’ultimo offerto da Giancarlo. Il cielo è sempre grigio e plumbeo.
Ripartiamo ma col dubbio di arrivare ad Estella, in quanto abbiamo abbondato con cibo e libagioni, mancano ancora 50 km. e con l’Alto del Perdon da scalare.
Dai 950 di Roncisvalle siamo scesi ai 400 circa di Pamplona ed ora dobbiamo risalire a 800. Una volta usciti dalla città il cielo si apre ed il sole fa scappare le nubi. Il panorama che si gode dall’Alto del Perdon, circondato da decine di pale eoliche è spettacolare.
La discesa sullo sterrato verso Uterga è ancora più spettacolare… Non so come sarebbe andata a finire con le borse! A questo punto, in considerazione della lunghezza delle tappe, la decisione di fare il sentiero, qualunque sia la sua condizione, mi rafforza nell’idea di lasciare definitivamente le borse sul camper. L’attraversamento di Puente la Reina – così chiamato perché possiede un ponte antico sul fiume Arga è reso difficoltoso dai cittadini, che tutti vestiti di bianco con fascia rossa, come se stessero andando alla corrida, stanno tutti pranzando per la via principale, trasformata in sala da pranzo. Tutti che ti invitano a prendere qualcosa ma soprattutto a bere…Ti verrebbe voglia di sederti con loro, anche se hai appena pranzato, e di mandare a quel paese tappa e programmi. Dopo la foto di rito sul ponte riprendiamo il nostro cammino che con vari saliscendi ci porta alla meta finale dove arriviamo verso le 17,30 con un sole splendente.
Luca per fortuna, che era arrivato prima, ci porta all’ostello dove erano rimasti gli ultimi 6 posti, proprio per noi. Qui incontriamo diverse italiane giovani, che stanno facendo il percorso a piedi, da sole.
Una volta sistematici e fatto lavare ed asciugare la nostra biancheria al modico prezzo di 3 Euro - in futuro ci chiederanno minimo il doppio - andiamo a cena “Chez Pierangelo”: dove, ci rimpinziamo di pastasciutta con sugo della sciura “Sandra” e come secondo, lingua, arrosto etc. sempre preparati dalla suddetta sciura.
Dopo il caffè e l’ammazza caffè ci ritiriamo nei nostri appartamenti, mentre Pierangelo e Luca, dormiranno, come di consueto sul camper.
25 luglio, 3a Tappa: Estella – Santo Domingo de la Calzada: km 100,5.
Solita sveglia alle ore 06.00 per poter far colazione alle 07.00. Prima però puliamo le biciclette. Dire che sono impolverate è un eufemismo. Incomincia a farsi breccia il pensiero che dobbiamo trovare un modo più efficace e veloce per pulirle in quanto un innaffiatoio per 6 è un po’ poco.
Notiamo che la strada è bagnata e quindi la notte ha piovuto. Il cielo è ancora plumbeo e costellato di nubi. Del famoso sole che le previsioni davano per scontato neanche l’ombra e temiamo di dover subire la solita spruzzatina d’acqua.
Pronti via ma io vengo attardato da un problema tecnico. Renzo mi aspetta e, prima di imboccare il sentiero giusto, dobbiamo chiedere a diverse persone. Una volta sul sentiero la prima sosta è a Irache dove ci fermiamo presso la fonte che spilla acqua ma anche vino. I soliti furbi riempiono la borraccia. Una volta espletate le formalità di rito ripartiamo. Di nuovo salita e poi di nuovo discesa. Attraversiamo Viana, la città che ha dato i natali al Papa Borgia. Renzo e Giancarlo hanno visto un forno dove tutti escono con quintali di baguettes. Decidono di fermarsi anche loro e si mettono in coda. Dopo circa 20 minuti se ne escono senza niente: chiedere a loro il motivo! Proseguiamo per Logrono, dove non ci fermiamo e perdiamo il sentiero. Una volta ritrovato via veloci alla volta di Navarrete, dove è fissato il pranzo.
La strada del camino che porta fuori città però è più intasata della tangenziale di Milano. E’ lunedì e sembra che gli spagnoli siano tutti in ferie e tutti sul camino di Santiago che porta fuori città ad una zona picnic con lago. Qui siamo costretti a passare su una passerella di legno, sopra uno stagno, dove passano a malapena due persone. La passerella è intasata di curiosi che gettano pezzi di pane nello stagno dove famelici pesci – obesi nel vero senso della parola - cercano di prendere al volo andando gli uni sopra gli altri: un vero carnaio no scusate: pesciaio.
Superato questo ostacolo ci mettiamo a pedalare di lena, perché mancano ancora 12 km. all’appuntamento pranzo e lo stomaco incomincia a brontolare in quanto mezzogiorno è già passato da un po’. Veniamo subito stoppati da un urlo di Mario. Visto che quelli che erano ritornati sui loro passi per vedere l’accaduto tardano anch’io ritorno e scopro che tutti si stanno facendo timbrare la Compostela dal barbuto Peregrino Pasante Marcelino: questa mi mancava!
Una volta arrivati a Navarrete noto che anche qui sono tutti in giro ed in festa. A questo punto incuriosito ne chiedo il motivo al primo passante che, visto che stavamo facendo il nostro pranzo per strada, ci augura “Aproveche – Buon appetito”. Questo candidamente mi dice che oggi è San Giacomo. Gli rispondo che lo so ma che non siamo a Santiago. Lui ribatte che San Giacomo è il patrono della Spagna e loro, a differenza di noi che non festeggiamo né San Francesco né Santa Caterina da Siena, fanno festa il giorno del loro patrono nazionale.
Una volta rifocillati ripartiamo e con saliscendi arriviamo a Ciruena a 750 m. dove veniamo accolti da un prato di girasoli sulla dx. ed un campo da golf sulla sinistra. E’ una borgata nuovissima, piena di condomini appena costruiti, ma fantasma allo stesso tempo in quanto sono tutti vuoti e da ogni condominio pendono cartelli con la scritta: se vende se alquila. All’uscita del paese, sulla dx vediamo una piantagione immensa di luppolo con filari lunghi 300-400 m. ed alti una decina di metri circa.
Una volta arrivati a Santo Domingo optiamo per l’ostello più vicino al punto in cui può arrivare il camper e scartiamo quello più lontano, dove però ci avrebbero offerto, essendo festa nazionale, la cena gratis a base di patate e salsicce. In seguito però, dopo averlo scelto, veniamo informati che i pilots che bloccano l’accesso scendono mettendosi davanti e senza l’ausilio di alcun telecomando.
L’ostello è ricavato all’interno di un antico Monastero e ci viene concessa una suite: solo per noi al secondo piano. Tutti contenti saliamo e la suite si rivela una stanza con 6 letti così vicini che se ti cade una monetina te la ritrovi sul letto del vicino. La porta poi è un lenzuolo bianco trasparente. Una sola doccia con bagno per 13 persone. Meno male che al pianterreno ci sono altre tre docce, con acqua esclusivamente fredda. Ma per 5 Euro a cranio cosa si può pretendere? Però stavolta abbiamo notato che nel giardino c’è una manichetta e domani, prima di partire, faremo un lavaggio completo ed accurato dei nostri mezzi.
Cena al solito ristorante, alla periferia della cittadina, sempre a base di manicaretti della sciura “Sandra”. In attesa che venga pronta Giancarlo, al passaggio di un aereo, si cimenta in un discorso sulla velocità del suono e sul fatto che lo stesso precede o segue l’aereo, a seconda della velocità dello stesso.
26 luglio, 4a Tappa: Santo Domingo de la Calzada – Hornillos del Camino: km. 96.
Sveglia al solito orario e mentre ci intratteniamo tra di noi un inglese della suite accanto entra e ci invita a stare zitti in quanto i suoi bimbi piccoli stanno ancora dormendo. Sono in pellegrinaggio e quindi mi astengo dal mandarlo a….
Anche questa mattina il cielo è plumbeo e pieno di nubi. Siamo sempre sui 600 m circa e quindi fa anche freddo. Questo ci costringe ogni mattina a partire con manicotti e k-way che poi, una volta scaldati dallo sforzo della pedalata e con l’arrivo del pallido sole, abbandoniamo. Nel pomeriggio poi arriva il sole che ci abbronza e accentua sempre più il divario tra zone delle braccia e delle gambe che sono coperte dalla maglietta e dai calzoncini.
Prima di Belodorado ci imbattiamo in una coppia di giovani spagnoli con cane al seguito. Anche lui fa il pellegrinaggio e sfoggia due paia di mocassini di pelle color rosso cardinale. La signora mi precisa che si tratta di “Zizi” una “perra afortunada”.
Luca per fortuna, che era arrivato prima, ci porta all’ostello dove erano rimasti gli ultimi 6 posti, proprio per noi. Qui incontriamo diverse italiane giovani, che stanno facendo il percorso a piedi, da sole.
Una volta sistematici e fatto lavare ed asciugare la nostra biancheria al modico prezzo di 3 Euro - in futuro ci chiederanno minimo il doppio - andiamo a cena “Chez Pierangelo”: dove, ci rimpinziamo di pastasciutta con sugo della sciura “Sandra” e come secondo, lingua, arrosto etc. sempre preparati dalla suddetta sciura.
Dopo il caffè e l’ammazza caffè ci ritiriamo nei nostri appartamenti, mentre Pierangelo e Luca, dormiranno, come di consueto sul camper.
25 luglio, 3a Tappa: Estella – Santo Domingo de la Calzada: km 100,5.
Solita sveglia alle ore 06.00 per poter far colazione alle 07.00. Prima però puliamo le biciclette. Dire che sono impolverate è un eufemismo. Incomincia a farsi breccia il pensiero che dobbiamo trovare un modo più efficace e veloce per pulirle in quanto un innaffiatoio per 6 è un po’ poco.
Notiamo che la strada è bagnata e quindi la notte ha piovuto. Il cielo è ancora plumbeo e costellato di nubi. Del famoso sole che le previsioni davano per scontato neanche l’ombra e temiamo di dover subire la solita spruzzatina d’acqua.
Pronti via ma io vengo attardato da un problema tecnico. Renzo mi aspetta e, prima di imboccare il sentiero giusto, dobbiamo chiedere a diverse persone. Una volta sul sentiero la prima sosta è a Irache dove ci fermiamo presso la fonte che spilla acqua ma anche vino. I soliti furbi riempiono la borraccia. Una volta espletate le formalità di rito ripartiamo. Di nuovo salita e poi di nuovo discesa. Attraversiamo Viana, la città che ha dato i natali al Papa Borgia. Renzo e Giancarlo hanno visto un forno dove tutti escono con quintali di baguettes. Decidono di fermarsi anche loro e si mettono in coda. Dopo circa 20 minuti se ne escono senza niente: chiedere a loro il motivo! Proseguiamo per Logrono, dove non ci fermiamo e perdiamo il sentiero. Una volta ritrovato via veloci alla volta di Navarrete, dove è fissato il pranzo.
La strada del camino che porta fuori città però è più intasata della tangenziale di Milano. E’ lunedì e sembra che gli spagnoli siano tutti in ferie e tutti sul camino di Santiago che porta fuori città ad una zona picnic con lago. Qui siamo costretti a passare su una passerella di legno, sopra uno stagno, dove passano a malapena due persone. La passerella è intasata di curiosi che gettano pezzi di pane nello stagno dove famelici pesci – obesi nel vero senso della parola - cercano di prendere al volo andando gli uni sopra gli altri: un vero carnaio no scusate: pesciaio.
Superato questo ostacolo ci mettiamo a pedalare di lena, perché mancano ancora 12 km. all’appuntamento pranzo e lo stomaco incomincia a brontolare in quanto mezzogiorno è già passato da un po’. Veniamo subito stoppati da un urlo di Mario. Visto che quelli che erano ritornati sui loro passi per vedere l’accaduto tardano anch’io ritorno e scopro che tutti si stanno facendo timbrare la Compostela dal barbuto Peregrino Pasante Marcelino: questa mi mancava!
Una volta arrivati a Navarrete noto che anche qui sono tutti in giro ed in festa. A questo punto incuriosito ne chiedo il motivo al primo passante che, visto che stavamo facendo il nostro pranzo per strada, ci augura “Aproveche – Buon appetito”. Questo candidamente mi dice che oggi è San Giacomo. Gli rispondo che lo so ma che non siamo a Santiago. Lui ribatte che San Giacomo è il patrono della Spagna e loro, a differenza di noi che non festeggiamo né San Francesco né Santa Caterina da Siena, fanno festa il giorno del loro patrono nazionale.
Una volta rifocillati ripartiamo e con saliscendi arriviamo a Ciruena a 750 m. dove veniamo accolti da un prato di girasoli sulla dx. ed un campo da golf sulla sinistra. E’ una borgata nuovissima, piena di condomini appena costruiti, ma fantasma allo stesso tempo in quanto sono tutti vuoti e da ogni condominio pendono cartelli con la scritta: se vende se alquila. All’uscita del paese, sulla dx vediamo una piantagione immensa di luppolo con filari lunghi 300-400 m. ed alti una decina di metri circa.
Una volta arrivati a Santo Domingo optiamo per l’ostello più vicino al punto in cui può arrivare il camper e scartiamo quello più lontano, dove però ci avrebbero offerto, essendo festa nazionale, la cena gratis a base di patate e salsicce. In seguito però, dopo averlo scelto, veniamo informati che i pilots che bloccano l’accesso scendono mettendosi davanti e senza l’ausilio di alcun telecomando.
L’ostello è ricavato all’interno di un antico Monastero e ci viene concessa una suite: solo per noi al secondo piano. Tutti contenti saliamo e la suite si rivela una stanza con 6 letti così vicini che se ti cade una monetina te la ritrovi sul letto del vicino. La porta poi è un lenzuolo bianco trasparente. Una sola doccia con bagno per 13 persone. Meno male che al pianterreno ci sono altre tre docce, con acqua esclusivamente fredda. Ma per 5 Euro a cranio cosa si può pretendere? Però stavolta abbiamo notato che nel giardino c’è una manichetta e domani, prima di partire, faremo un lavaggio completo ed accurato dei nostri mezzi.
Cena al solito ristorante, alla periferia della cittadina, sempre a base di manicaretti della sciura “Sandra”. In attesa che venga pronta Giancarlo, al passaggio di un aereo, si cimenta in un discorso sulla velocità del suono e sul fatto che lo stesso precede o segue l’aereo, a seconda della velocità dello stesso.
26 luglio, 4a Tappa: Santo Domingo de la Calzada – Hornillos del Camino: km. 96.
Sveglia al solito orario e mentre ci intratteniamo tra di noi un inglese della suite accanto entra e ci invita a stare zitti in quanto i suoi bimbi piccoli stanno ancora dormendo. Sono in pellegrinaggio e quindi mi astengo dal mandarlo a….
Anche questa mattina il cielo è plumbeo e pieno di nubi. Siamo sempre sui 600 m circa e quindi fa anche freddo. Questo ci costringe ogni mattina a partire con manicotti e k-way che poi, una volta scaldati dallo sforzo della pedalata e con l’arrivo del pallido sole, abbandoniamo. Nel pomeriggio poi arriva il sole che ci abbronza e accentua sempre più il divario tra zone delle braccia e delle gambe che sono coperte dalla maglietta e dai calzoncini.
Prima di Belodorado ci imbattiamo in una coppia di giovani spagnoli con cane al seguito. Anche lui fa il pellegrinaggio e sfoggia due paia di mocassini di pelle color rosso cardinale. La signora mi precisa che si tratta di “Zizi” una “perra afortunada”.
Un volta a Belodorado paese delle cicogne sui campanili compriamo un po’ di frutta in quanto le risorse portate da Grumello si sono esaurite, specie le banane – resiste solo qualche mela. Il gruppo si allunga e Giancarlo in avanscoperta non vede un cambio di direzione, posto a meno di due metri dal precedente, e prosegue diritto con il sottoscritto al seguito. Non vedendo arrivare gli altri incomincio a chiamare al cellulare ma nessuno risponde. Dopo un po’ incomincio ad avere qualche dubbio sulla bontà del nostro sentiero. I dubbi vengono confermati da Giancarlo che ritorna dicendomi che la strada finisce. La conferma me la danno due signore che la percorrono per caso. Finalmente Renzo ci contatta e chiariamo l’equivoco che ci costerà una perdita di mezzora e 8-10 km in più. Ci ritroviamo dopo Tosantos, dove, venni costretto a fermarmi tre anni prima durante il pellegrinaggio a piedi da enormi vesciche scoppiate tutte insieme.
Una volta ricongiunti cerchiamo di recuperare il tempo perso e ci apprestiamo a salire al Montes de Oca a 1000 metri dove incontriamo due a cavallo e poi su su sino ai 1150 m. dell’Erta de Valdefuentes. Una volta in cima e fatte le foto sotto la croce, si scende, dopo alcuni saliscendi anche del 25%, a San Juan de Ortega dove ci fermiamo a visitare il monastero e poi via verso Atapuerca, luogo in cui sono stati rinvenuti dei reperti del Paleolitico. Poi su ancora ai 1100 m. della Sierra di Atapuerca dove incontriamo un inglese ed un americano che ci fanno la foto – loro però non vogliono essere fotografati insieme e si rifiutano anche di posare con noi! E da qui giù agli 850 m. di Burgos dove in periferia, sulla dx notiamo il camper. Ci fermiamo per il pranzo e visto che siamo in anticipo decidiamo, dopo aver visitato la città, di proseguire. Giancarlo una volta visitata la cattedrale inizia il suo cammino personale che lo porterà a fare sempre il nostro stesso percorso ma con tempi e modalità diverse che lo faranno partire e giungere a destinazione da solo, fati salvi alcuni tratti, specie il mattino, in comune. Riferisce di problematiche alle mani che non gli permettono di cambiare con frequenza i rapporti, di soffrire molto le frenate: specie nei tratti sconnessi in discesa e di non poter sostenere il nostro ritmo: lui ha bisogno di fare il suo ritmo e non quello degli altri!
Una volta ricongiunti cerchiamo di recuperare il tempo perso e ci apprestiamo a salire al Montes de Oca a 1000 metri dove incontriamo due a cavallo e poi su su sino ai 1150 m. dell’Erta de Valdefuentes. Una volta in cima e fatte le foto sotto la croce, si scende, dopo alcuni saliscendi anche del 25%, a San Juan de Ortega dove ci fermiamo a visitare il monastero e poi via verso Atapuerca, luogo in cui sono stati rinvenuti dei reperti del Paleolitico. Poi su ancora ai 1100 m. della Sierra di Atapuerca dove incontriamo un inglese ed un americano che ci fanno la foto – loro però non vogliono essere fotografati insieme e si rifiutano anche di posare con noi! E da qui giù agli 850 m. di Burgos dove in periferia, sulla dx notiamo il camper. Ci fermiamo per il pranzo e visto che siamo in anticipo decidiamo, dopo aver visitato la città, di proseguire. Giancarlo una volta visitata la cattedrale inizia il suo cammino personale che lo porterà a fare sempre il nostro stesso percorso ma con tempi e modalità diverse che lo faranno partire e giungere a destinazione da solo, fati salvi alcuni tratti, specie il mattino, in comune. Riferisce di problematiche alle mani che non gli permettono di cambiare con frequenza i rapporti, di soffrire molto le frenate: specie nei tratti sconnessi in discesa e di non poter sostenere il nostro ritmo: lui ha bisogno di fare il suo ritmo e non quello degli altri!
Burgos è una città stupenda e meriterebbe da sola un’intera giornata ma una volta visitata la cattedrale e fatto un giro veloce per la parte antica riprendiamo la nostra marcia verso Hornillos del Camino, nuova meta della nostra tappa odierna. Io, quando arrivo, ho ancora la gomma posteriore a terra. Elia me la cambia. Anche qui recuperiamo la “manguera” per pulire le nostre bici. La polvere che ci si accumula sopra è qualcosa di sorprendente! Per fortuna che non fa troppo caldo e di notte piove.
Hornillos del Camino è costituito da 4 case, una chiesa – chiusa come quasi tutte quelle incontrate sul camino nei piccoli paesini, un bar-ristorante, negozio di alimentari che vende anche i gelati: che non trovi al bar. L’albergo è pieno e ci alloggiano nella dependance del comune. Il camper ha difficoltà nel trovare parcheggio perché non esiste e tutti gli slarghi non possono essere occupati in quanto necessari alle manovre dalle gigantesche mietitrebbia e dei trattori che stanno raccogliendo il grano. Alla fine riusciamo a trovare un posto, vicino alla casa dei Sigg. Garcia e Gonzales, davanti ad una cantina privata sotterranea, ai lati della strada del camino. Mentre infatti stiamo preparando la cena arriva il proprietario che con una chiave, degna dei castelli medioevali, apre la porta e ne esce con una bottiglia di vino. Nel frattempo è arrivato anche Giancarlo. Mentre ceniamo, ancora a base di preparati della sciura “Sandra” i trattori che portano il grano dai campi ci passano vicini sollevando una nube di polvere che va a insaporire le pietanze nei nostri piatti, ed un fastidioso vento solleva bicchieri, piatti e tovaglioli.
27 luglio, 5a Tappa: Hornillos del Camino – Sahagun: km. 127,8.
Solita colazione al camper e poi via con Renzo e Giancarlo a far da apripista. Percorsi diversi km. sullo sterrato, dove incontriamo un folto gruppo di scout italiani su una ripida discesa, ci immettiamo sul provinciale che passa proprio in mezzo alle rovine del vecchio convento di San Anton dopo Costrojeriz notiamo in lontananza un nastro marroncino che sale verso il cielo. Nooo.. non può essere il sentiero, ci diciamo, ed invece sì è il sentiero che sale verso il cielo con pendenze costanti dal 18% in su. Si tratta della Cuesta de Mostelares, che in neanche un km. ti porta su di 200 metri. Sul cartello segnavia del camino un buontempone ha trovato il tempo di scrivere con il pennarello “a llorar (da piangere)”. Una volta in cima diciamo che il buontempone ha dimenticato di aggiungere “muchissimo”.
A Villovieco, poco prima di Carrion de los Condes, ci imbattiamo in un pellegrino speciale che con la sua macchina di traverso sul sentiero ti costringe a fermarti. Si chiama Pepe ed offre a tutti i passanti: prugne selvatiche, caramelle, il suo sello particolare e ti invita a farti fotografare con la sagoma di un pellegrino da lui intagliato nel tronco di un mandorlo del suo podere. Mario vorrebbe lasciargli la mancia per ripagare i prodotti offerti ed il sello ma lui si rifiuta quasi offeso in quanto quello che fa è per pura carità cristiana e col solo intento di alleggerire la fatica del viandante e dirgli di prendersi il proprio tempo per fare il camino che non va inteso come una corsa.
Hornillos del Camino è costituito da 4 case, una chiesa – chiusa come quasi tutte quelle incontrate sul camino nei piccoli paesini, un bar-ristorante, negozio di alimentari che vende anche i gelati: che non trovi al bar. L’albergo è pieno e ci alloggiano nella dependance del comune. Il camper ha difficoltà nel trovare parcheggio perché non esiste e tutti gli slarghi non possono essere occupati in quanto necessari alle manovre dalle gigantesche mietitrebbia e dei trattori che stanno raccogliendo il grano. Alla fine riusciamo a trovare un posto, vicino alla casa dei Sigg. Garcia e Gonzales, davanti ad una cantina privata sotterranea, ai lati della strada del camino. Mentre infatti stiamo preparando la cena arriva il proprietario che con una chiave, degna dei castelli medioevali, apre la porta e ne esce con una bottiglia di vino. Nel frattempo è arrivato anche Giancarlo. Mentre ceniamo, ancora a base di preparati della sciura “Sandra” i trattori che portano il grano dai campi ci passano vicini sollevando una nube di polvere che va a insaporire le pietanze nei nostri piatti, ed un fastidioso vento solleva bicchieri, piatti e tovaglioli.
27 luglio, 5a Tappa: Hornillos del Camino – Sahagun: km. 127,8.
Solita colazione al camper e poi via con Renzo e Giancarlo a far da apripista. Percorsi diversi km. sullo sterrato, dove incontriamo un folto gruppo di scout italiani su una ripida discesa, ci immettiamo sul provinciale che passa proprio in mezzo alle rovine del vecchio convento di San Anton dopo Costrojeriz notiamo in lontananza un nastro marroncino che sale verso il cielo. Nooo.. non può essere il sentiero, ci diciamo, ed invece sì è il sentiero che sale verso il cielo con pendenze costanti dal 18% in su. Si tratta della Cuesta de Mostelares, che in neanche un km. ti porta su di 200 metri. Sul cartello segnavia del camino un buontempone ha trovato il tempo di scrivere con il pennarello “a llorar (da piangere)”. Una volta in cima diciamo che il buontempone ha dimenticato di aggiungere “muchissimo”.
A Villovieco, poco prima di Carrion de los Condes, ci imbattiamo in un pellegrino speciale che con la sua macchina di traverso sul sentiero ti costringe a fermarti. Si chiama Pepe ed offre a tutti i passanti: prugne selvatiche, caramelle, il suo sello particolare e ti invita a farti fotografare con la sagoma di un pellegrino da lui intagliato nel tronco di un mandorlo del suo podere. Mario vorrebbe lasciargli la mancia per ripagare i prodotti offerti ed il sello ma lui si rifiuta quasi offeso in quanto quello che fa è per pura carità cristiana e col solo intento di alleggerire la fatica del viandante e dirgli di prendersi il proprio tempo per fare il camino che non va inteso come una corsa.
A Carrion de los Condes ci fermiamo per il pranzo vicino al convento di Santa Chiara. Qui svuotiamo la dispensa e l’abbondante cibo con relative bevande annebbia le idee di molti, mentre il cielo mostra delle nubi che sembrano delle pennellate su una tavolozza – mai visto niente di simile in vita mia. Mentre stiamo facendo la pennichella arrivano quattro cavallerizzi con amazzone in testa che mi costringono ad una corsa mozzafiato per immortalarli.
Questo evento ci risveglia a riprendiamo il cammino. Oggi abbiamo deciso di voler arrivare a Sahagun. Giancarlo invece vuole fermarsi per proseguire la pennichella e visitare la città. Ci raggiungerà più tardi: forse… Diversamente, se non ce la fa, farà il camino da solo e ci aspetterà a Santiago, senza venire a fisterra. Con un giorno in più a disposizione può godersi meglio il panorama e visitare le varie città.
Appena fuori Carrion de los Condes ci imbattiamo in una delle tante mietitrebbiatrici che stanno raccogliendo il grano. Siamo a fine luglio ma qui siamo sulla meseta centrale ad un’altitudine di 800-900 m. slm. Incrociamo anche un gruppo di tedeschi che stanno facendo la Via Crucis durante il camino, alternandosi nel portare la croce. Prima di entrare in Sahagun ci fermiamo in periferia per ammirare l’esterno della chiesa della Ermita de la Virgen del Puente. Ne trovassimo una aperta…
Luca, che nel frattempo era andato in avanscoperta alla ricerca dell’Albergue ci informa di aver trovato posto presso l’Albergo Viatoris, vicino alla Plaza de Toros, alla periferia della città. Qui, per rifarci un po’ della pessima nottata precedente optiamo, non per la camerata, ma per due stanze, una da 4 ed una a tre letti. Quando arriverà Giancarlo e se arriverà, dormirà nell’ostello.
Nel pomeriggio abbiamo impiegato poco a percorrere i 38 km. da Carrion a Sahagun, in quanto il sentiero era molto largo e piatto. Non sono ancora le 15.30 che siamo già a destino e, come prima cosa chiediamo la “manguera” per la pulizia delle biciclette. Questo sarà d’ora in avanti il nostro primo pensiero appena a destino. Io ho forato di nuovo.
L’abbondante tempo che abbiamo a disposizione, prima della cena, che questa sera faremo al ristorante dell’Albergue lo dedichiamo alla visita della città. La Chiesa parrocchiale, come di consueto, è chiusa. E’ aperta invece un’altra chiesa con all’interno le scene della via Crucis, di notevole fattura e molto grandi, che vengono utilizzate per le processioni della settimana santa. Fortuna poi vuole che possiamo visitare anche il piccolo museo delle Suore Benedettine. Una volta ritornati troviamo anche Giancarlo. Ceniamo insieme ma il cameriere, nero dell’Africa centrale, ci fa pagare la terza bottiglia di vino!!!
28 luglio, 6a Tappa: Sahagun – Rabanal del Camino: km. 126,6.
Il cielo, alla partenza, è sempre un po’ coperto e complice l’altitudine siamo costretti a partire sempre con manichette e k-way, ad eccezione dell’inossidabile Renzo. Non deve essere neanche l’effetto del vino che trangugia, perché anch’io non son da meno, ma preferisco coprirmi. Il tempo poi si mette al bello, arriva il sole. Le strade polverose imbrattano la bici e dopo tre ore catena, cambio ed ingranaggi sono completamente coperti di polvere. Il sentiero è largo, spesso si fanno tratti sulla strada asfaltata ed in men che non si dica percorriamo i 53 km che ci separano da Leon. Qui visitiamo la stupenda cattedrale e San Isidoro.
Questo evento ci risveglia a riprendiamo il cammino. Oggi abbiamo deciso di voler arrivare a Sahagun. Giancarlo invece vuole fermarsi per proseguire la pennichella e visitare la città. Ci raggiungerà più tardi: forse… Diversamente, se non ce la fa, farà il camino da solo e ci aspetterà a Santiago, senza venire a fisterra. Con un giorno in più a disposizione può godersi meglio il panorama e visitare le varie città.
Appena fuori Carrion de los Condes ci imbattiamo in una delle tante mietitrebbiatrici che stanno raccogliendo il grano. Siamo a fine luglio ma qui siamo sulla meseta centrale ad un’altitudine di 800-900 m. slm. Incrociamo anche un gruppo di tedeschi che stanno facendo la Via Crucis durante il camino, alternandosi nel portare la croce. Prima di entrare in Sahagun ci fermiamo in periferia per ammirare l’esterno della chiesa della Ermita de la Virgen del Puente. Ne trovassimo una aperta…
Luca, che nel frattempo era andato in avanscoperta alla ricerca dell’Albergue ci informa di aver trovato posto presso l’Albergo Viatoris, vicino alla Plaza de Toros, alla periferia della città. Qui, per rifarci un po’ della pessima nottata precedente optiamo, non per la camerata, ma per due stanze, una da 4 ed una a tre letti. Quando arriverà Giancarlo e se arriverà, dormirà nell’ostello.
Nel pomeriggio abbiamo impiegato poco a percorrere i 38 km. da Carrion a Sahagun, in quanto il sentiero era molto largo e piatto. Non sono ancora le 15.30 che siamo già a destino e, come prima cosa chiediamo la “manguera” per la pulizia delle biciclette. Questo sarà d’ora in avanti il nostro primo pensiero appena a destino. Io ho forato di nuovo.
L’abbondante tempo che abbiamo a disposizione, prima della cena, che questa sera faremo al ristorante dell’Albergue lo dedichiamo alla visita della città. La Chiesa parrocchiale, come di consueto, è chiusa. E’ aperta invece un’altra chiesa con all’interno le scene della via Crucis, di notevole fattura e molto grandi, che vengono utilizzate per le processioni della settimana santa. Fortuna poi vuole che possiamo visitare anche il piccolo museo delle Suore Benedettine. Una volta ritornati troviamo anche Giancarlo. Ceniamo insieme ma il cameriere, nero dell’Africa centrale, ci fa pagare la terza bottiglia di vino!!!
28 luglio, 6a Tappa: Sahagun – Rabanal del Camino: km. 126,6.
Il cielo, alla partenza, è sempre un po’ coperto e complice l’altitudine siamo costretti a partire sempre con manichette e k-way, ad eccezione dell’inossidabile Renzo. Non deve essere neanche l’effetto del vino che trangugia, perché anch’io non son da meno, ma preferisco coprirmi. Il tempo poi si mette al bello, arriva il sole. Le strade polverose imbrattano la bici e dopo tre ore catena, cambio ed ingranaggi sono completamente coperti di polvere. Il sentiero è largo, spesso si fanno tratti sulla strada asfaltata ed in men che non si dica percorriamo i 53 km che ci separano da Leon. Qui visitiamo la stupenda cattedrale e San Isidoro.
Per motivi pratici il pranzo lo spostiamo fuori città a San Miguel dopo io passo davanti senza accorgermi: per fortuna che siamo in tanti e la pancia vuota fa aguzzare la vista degli altri. Qui ci appropriamo dell’unica area verde, vicino al Bar Meson El Rincon de Julia, e prendiamo a noleggio tavolini e sedie impilati fuori da un bar chiuso. Giancarlo non pranza con noi, si è fermato a Leon. Forse ci vedremo stasera a Rabanal del Camino!
Ripresa la marcia ci imbattiamo in una coppia canadese con piccola al seguito nello zaino sulle spalle di papà. Prima di Hospital dell’Orbigo mi imbatto nel famoso cartello con il pellegrino e il divieto di superare i 30 km/h che avevo fotografato durante il percorso a piedi. Fatta la foto di rito con il famoso ponte proseguiamo, saliamo al Crucero de Santo Toribio detto anche Monte Gozo de Astorga: pochi km prima della stupenda città dallo stesso nome. A Astorga ci incontriamo con Luca. Facciamo un breve giro per la città e per non perdere troppo tempo, in quanto è già tardi e mancono ancora 21 km. alla meta, decidiamo di non visitare all’interno la cattedrale ed il museo. Io compero due nuove camere d’aria in quanto le altre le ho fatte fuori: anzi oltre alle mie ho già fatto fuori anche una di Elia. La strada ora non è più pianeggiante ma in salita. In particolar modo gli ultimi km. abbastanza impegnativi in quanto su strada dissestata e con forte pendenza. Renzo davanti ed io dietro. Ad un certo punto noto che Elia e Franco sono invece sul provinciale che corre accanto. Al primo incrocio anch’io mi butto sulla strada asfaltata: e’ un altro andare. A questo punto però Elia e Franco, presi da rimorsi si rimettono sul camino. Io non me ne accorgo e proseguo sull’asfalto. Arrivo a destino prima di Renzo. L’Albergue scelto da Luca è all’ingresso del paese, piccolo come quello di Hornillos, ma più carino. E’ molto tardi e facciamo le cose in fretta e furia: bucato compreso – a mano questa volta. Il sole qui è ancora alto e fa caldo anche se siamo a 1100 m. slm. La cena si svolge “Chez Pierangelo”. Abbiamo appena finito di cenare che notiamo una scheggia impazzita che ci supera. E’ Giancarlo. La notte la passiamo all’ostello: 4 al piano superiore (Elia – Renzo- Gianfranco ed io), due al primo piano: i russatori - Mario e Giancarlo che, durante la notte, avranno dei piccoli alterchi con gli altri ospiti - e due nel camper. Giancarlo riferisce anche di cose turche tra una coppietta…..
29 luglio, 7a Tappa: Rabanal del Camino – Triacastela: km. 106,7.
Alla colazione del mattino non si presenta Giancarlo – turbato forse dagli incontri ravvicinati della coppietta. La partenza viene rimandata un po’ in quanto Renzo non trova gli occhiali. Ribalta la sua borsa come un calzino ed alla fine ritorna all’ostello per vedere se li ha dimenticati. Controlla anche il bagno e qui nello specchio vede la sua immagine riflessa con gli occhiali infilati nello scollo della maglietta. Questa fa pendant con la sera in cui si è messa la maglietta al rovescio. Mentre stiamo per partire spunta la sagoma di Giancarlo. Oggi sarà una giornata tosta in quanto si dovrà salire, salire, salire e la meta che ci siamo prefissati è: O Cebreiro o morire!
Dai 1100 di Rabanal, in otto km si sale ai 1460 della Cruz de Hierro dove arriviamo alle 08,31 senza poi tanta fatica. Ancora saliscendi per altri 6 km e poi la picchiata verso Molinaseca a 600 m. slm. Da Rabanal a Molinaseca il camino è sempre fiancheggiato dalla strada asfaltata. Se però la salita è stato qualcosa di facile la discesa è stata qualcosa di indimenticabile. Pendenze mozzafiato: dire che il sentiero era sconnesso è come dire che era liscio come l’olio. Sino a Riegos de Ambros però sono riuscito a stare in sella. Una volta a Riegos chiedo al barista com’è il sentiero: io me lo ricordavo pessimo e trasformato in ruscello in quanto pioveva, lui mi dice che è meglio di quello sinora fatto. Infatti i primi km gli danno ragione ma i successivi… Lo ricordavo bene io in quanto ogni 50-100 metri devi scendere – scende anche Renzo! Alla fine visto che era impraticabile e prima di andare incontro a cadute che avrebbero potuto compromettere il prosieguo del viaggio, abbiamo approfittato di un raccordo tra il sentiero e la strada asfaltata per continuare su quest’ultima. Erano però solo gli ultimi 500 m e senza difficoltà particolari – semplici sterrati.
Digerita in questo modo la colazione, per strada completamente asfaltata, il camino porta a Ponferrada dove visitiamo il Castello dei Templari e subito dopo via di corsa per raggiungere Villafranca del Bierzo – dove ci aspetta il ristorante itinerante. Poco prima di Cacabelos io foro un’altra volta: notavo che la pedalata non era fluida e che nonostante i miei sforzi non avanzavo – per fortuna che Mario si accorge! Il supertecnico Elia con l’ausilio di Gianfranco, alla ricerca del corpo estraneo che ha causato l’ennesima foratura, nota che la testa di un raggio ha bucato il nastro protettivo. Procedono quindi a sistemare il raggio e a scanso di equivoci ci mettono una doppia protezione. Nel frattempo il mio pensiero va alla discesa appena fatta sul terreno molto sconnesso e che ha messo a dura prova la ruota ed i raggi. Effettuata la riparazione ripartiamo di lena per recuperare il tempo perso: siamo quasi arrivati diciamo. Ma gli ultimi 7 km da Cacabelos a Villafranca del Bierzo sono quasi tutti su sterrato molto sconnesso e con vari saliscendi e questo, oltre alla foratura, ci allunga i tempi.
Una volta rifocillati nel Parco di Villafranca ed aver apposto il sello riprendiamo la marcia poco dopo le 14.00. Per fortuna che il camino è tutto su asfalto. Dopo Pereje incontriamo una famiglia - padre madre e tre figli abbastanza piccoli, che, carichi come muli, stanno facendo il camino a piedi. A La Portela facciamo sosta in quanto Mario si è attardato. La pedalata prosegue regolare ed una volta ogni tanto incrociamo Luca che viaggia sempre sulla strada principale mentre noi, quando si incontrano delle case, veniamo dirottati all’interno. Una volta arrivati a Vega de Valcarce inizia la famosa salita al O’Cebreiro da 600 m. a 1260 in 13 km.: i primi 5 pianeggianti. Dopo Ruitelan, dove inizia la vera salita, segnali inconfondibili in terra dicevano: pedoni a sinistra, biciclette a destra. Nonostante fossi a conoscenza delle difficoltà del sentiero dei camminanti avevamo deciso di farlo comunque. Una volta di fronte al dilemma però e viste anche le pendenze proibitive dell’asfalto tutti abbiamo deciso di seguire il consiglio stampato sull’asfalto. Renzo che era davanti invece aveva già imboccato il sentiero.
Quando siamo arrivati in cima eravamo spremuti come limoni. Del camper che ci doveva aspettare neanche l’ombra. Renzo arrivato circa 30 minuti dopo nel vederci apre le braccia sconsolato e profferisce due sole parole: “Mai più”. Nel frattempo arriva anche il camper che si era fermato 5 km. più sotto al paese di O’ Cebreiro.
Ripresa la marcia ci imbattiamo in una coppia canadese con piccola al seguito nello zaino sulle spalle di papà. Prima di Hospital dell’Orbigo mi imbatto nel famoso cartello con il pellegrino e il divieto di superare i 30 km/h che avevo fotografato durante il percorso a piedi. Fatta la foto di rito con il famoso ponte proseguiamo, saliamo al Crucero de Santo Toribio detto anche Monte Gozo de Astorga: pochi km prima della stupenda città dallo stesso nome. A Astorga ci incontriamo con Luca. Facciamo un breve giro per la città e per non perdere troppo tempo, in quanto è già tardi e mancono ancora 21 km. alla meta, decidiamo di non visitare all’interno la cattedrale ed il museo. Io compero due nuove camere d’aria in quanto le altre le ho fatte fuori: anzi oltre alle mie ho già fatto fuori anche una di Elia. La strada ora non è più pianeggiante ma in salita. In particolar modo gli ultimi km. abbastanza impegnativi in quanto su strada dissestata e con forte pendenza. Renzo davanti ed io dietro. Ad un certo punto noto che Elia e Franco sono invece sul provinciale che corre accanto. Al primo incrocio anch’io mi butto sulla strada asfaltata: e’ un altro andare. A questo punto però Elia e Franco, presi da rimorsi si rimettono sul camino. Io non me ne accorgo e proseguo sull’asfalto. Arrivo a destino prima di Renzo. L’Albergue scelto da Luca è all’ingresso del paese, piccolo come quello di Hornillos, ma più carino. E’ molto tardi e facciamo le cose in fretta e furia: bucato compreso – a mano questa volta. Il sole qui è ancora alto e fa caldo anche se siamo a 1100 m. slm. La cena si svolge “Chez Pierangelo”. Abbiamo appena finito di cenare che notiamo una scheggia impazzita che ci supera. E’ Giancarlo. La notte la passiamo all’ostello: 4 al piano superiore (Elia – Renzo- Gianfranco ed io), due al primo piano: i russatori - Mario e Giancarlo che, durante la notte, avranno dei piccoli alterchi con gli altri ospiti - e due nel camper. Giancarlo riferisce anche di cose turche tra una coppietta…..
29 luglio, 7a Tappa: Rabanal del Camino – Triacastela: km. 106,7.
Alla colazione del mattino non si presenta Giancarlo – turbato forse dagli incontri ravvicinati della coppietta. La partenza viene rimandata un po’ in quanto Renzo non trova gli occhiali. Ribalta la sua borsa come un calzino ed alla fine ritorna all’ostello per vedere se li ha dimenticati. Controlla anche il bagno e qui nello specchio vede la sua immagine riflessa con gli occhiali infilati nello scollo della maglietta. Questa fa pendant con la sera in cui si è messa la maglietta al rovescio. Mentre stiamo per partire spunta la sagoma di Giancarlo. Oggi sarà una giornata tosta in quanto si dovrà salire, salire, salire e la meta che ci siamo prefissati è: O Cebreiro o morire!
Dai 1100 di Rabanal, in otto km si sale ai 1460 della Cruz de Hierro dove arriviamo alle 08,31 senza poi tanta fatica. Ancora saliscendi per altri 6 km e poi la picchiata verso Molinaseca a 600 m. slm. Da Rabanal a Molinaseca il camino è sempre fiancheggiato dalla strada asfaltata. Se però la salita è stato qualcosa di facile la discesa è stata qualcosa di indimenticabile. Pendenze mozzafiato: dire che il sentiero era sconnesso è come dire che era liscio come l’olio. Sino a Riegos de Ambros però sono riuscito a stare in sella. Una volta a Riegos chiedo al barista com’è il sentiero: io me lo ricordavo pessimo e trasformato in ruscello in quanto pioveva, lui mi dice che è meglio di quello sinora fatto. Infatti i primi km gli danno ragione ma i successivi… Lo ricordavo bene io in quanto ogni 50-100 metri devi scendere – scende anche Renzo! Alla fine visto che era impraticabile e prima di andare incontro a cadute che avrebbero potuto compromettere il prosieguo del viaggio, abbiamo approfittato di un raccordo tra il sentiero e la strada asfaltata per continuare su quest’ultima. Erano però solo gli ultimi 500 m e senza difficoltà particolari – semplici sterrati.
Digerita in questo modo la colazione, per strada completamente asfaltata, il camino porta a Ponferrada dove visitiamo il Castello dei Templari e subito dopo via di corsa per raggiungere Villafranca del Bierzo – dove ci aspetta il ristorante itinerante. Poco prima di Cacabelos io foro un’altra volta: notavo che la pedalata non era fluida e che nonostante i miei sforzi non avanzavo – per fortuna che Mario si accorge! Il supertecnico Elia con l’ausilio di Gianfranco, alla ricerca del corpo estraneo che ha causato l’ennesima foratura, nota che la testa di un raggio ha bucato il nastro protettivo. Procedono quindi a sistemare il raggio e a scanso di equivoci ci mettono una doppia protezione. Nel frattempo il mio pensiero va alla discesa appena fatta sul terreno molto sconnesso e che ha messo a dura prova la ruota ed i raggi. Effettuata la riparazione ripartiamo di lena per recuperare il tempo perso: siamo quasi arrivati diciamo. Ma gli ultimi 7 km da Cacabelos a Villafranca del Bierzo sono quasi tutti su sterrato molto sconnesso e con vari saliscendi e questo, oltre alla foratura, ci allunga i tempi.
Una volta rifocillati nel Parco di Villafranca ed aver apposto il sello riprendiamo la marcia poco dopo le 14.00. Per fortuna che il camino è tutto su asfalto. Dopo Pereje incontriamo una famiglia - padre madre e tre figli abbastanza piccoli, che, carichi come muli, stanno facendo il camino a piedi. A La Portela facciamo sosta in quanto Mario si è attardato. La pedalata prosegue regolare ed una volta ogni tanto incrociamo Luca che viaggia sempre sulla strada principale mentre noi, quando si incontrano delle case, veniamo dirottati all’interno. Una volta arrivati a Vega de Valcarce inizia la famosa salita al O’Cebreiro da 600 m. a 1260 in 13 km.: i primi 5 pianeggianti. Dopo Ruitelan, dove inizia la vera salita, segnali inconfondibili in terra dicevano: pedoni a sinistra, biciclette a destra. Nonostante fossi a conoscenza delle difficoltà del sentiero dei camminanti avevamo deciso di farlo comunque. Una volta di fronte al dilemma però e viste anche le pendenze proibitive dell’asfalto tutti abbiamo deciso di seguire il consiglio stampato sull’asfalto. Renzo che era davanti invece aveva già imboccato il sentiero.
Quando siamo arrivati in cima eravamo spremuti come limoni. Del camper che ci doveva aspettare neanche l’ombra. Renzo arrivato circa 30 minuti dopo nel vederci apre le braccia sconsolato e profferisce due sole parole: “Mai più”. Nel frattempo arriva anche il camper che si era fermato 5 km. più sotto al paese di O’ Cebreiro.
E’ tardi, in quanto sono quasi le 18.00, ma ci diciamo che mettere altri 20 km nel carniere, visto che dobbiamo andare in discesa non sarebbe male. Mario è d’accordo ma a condizione che non si debba più salire. Chiediamo informazione agli aborigeni sulla strada che ci aspetta. Io me la ricordavo nervosa però questi ultimi, visto quello che avevamo già fatto, ci dicono che quello che ci aspetta è una bazzecola in confronto. Ripartiamo quindi, anche perché il sole è ancora alto e 20 km in discesa sono una pura formalità. La discesa però inizia con tre saliscendi abbastanza accentuati, l’ultimo in modo particolare che ci fa risalire di altri 200 m. sino a l’Alto do Pojo a 1335 m. slm. Mario sale smoccolando ed alla fine verso le 19.00 arriviamo a Triacastela. Il primo ostello è completo, il secondo invece no. La sera visto che è tardi lasciamo riposare Pierangelo e ceniamo presso il ristorante di un conoscente del gestore dell’albergo dove assaggiamo: come primo, un piatto di carne con patatine e come secondo, in quanto richiede più tempo, una paella de mariscos: peccato però che i mariscos fossero ancora in mare.
Quando usciamo dal ristorante son quasi le 22.00 e mentre stiamo prendendo un po’ d’aria fuori per digerire il pasto, non proprio succulento ma abbondante, ecco spuntare l’inconfondibile sagoma di Giancarlo, il quale per ripararsi dal vento, non indossa, come tutti i comuni mortali, il k-way ma una specie di girocollo di lana e zaino sulle spalle.
30 luglio, 8a Tappa: Trioacastela – Arzua: km. 96,20.
Il mattino il bar, annesso al ristorante dove abbiamo cenato la sera, apre alle 06.00! Inaudito. E’ affollatissimo e per fare la colazione bisogna aspettare un po’ in quanto c’è un solo barista. Non appena fatta la colazione via per Samos, inizialmente per un lungo tratto sulla strada asfaltata. Il solito Renzo, sempre in avanscoperta, non vede la freccia del sentiero e continua imperterrito. Quando poi si accorge che noi non ci siamo più ci chiama, 100 metri prima che ci incrociassimo, in quanto il sentiero ritornava sulla strada asfaltata. Su un tratto sconnesso in discesa sono costretto a fermarmi. Alla ripartenza non riesco a infilare la punta della scarpa nei puntapiedi e quello di sinistra, incocciando un sasso fa da leva e mi fare un carpiato con avvitamento in avanti. Velocità zero, quindi per fortuna niente danni. Paura però tanta! Presso il monastero di Samos, dove incrociamo Luca, facciamo le foto di rito e poi via. Siamo in Galizia ed il paesaggio è: torrenti sul sentiero – dove sei costretto a scendere – anche Renzo, piantagioni di eucalipti a non finire, buoi sui sentieri con annessi e connessi per quanto riguarda l’olezzo delle fattorie e dei mangimi che impregnano l’aria di un odore dolciastro tipo barbabietola da zucchero, “mojones” – cippi che ogni 500 m. ti scandiscono la distanza che ti separa a Santiago – una specie di tormento psicologico che anziché abbreviare ti allunga gli ultimi km., il primo è posto sulla salita al O’Cebreiro a 150 km dalla meta, horreos (tipici granai locali) e continui saliscendi.
Al cippo dei 100 km non possiamo non fare la foto di rito.
Quando usciamo dal ristorante son quasi le 22.00 e mentre stiamo prendendo un po’ d’aria fuori per digerire il pasto, non proprio succulento ma abbondante, ecco spuntare l’inconfondibile sagoma di Giancarlo, il quale per ripararsi dal vento, non indossa, come tutti i comuni mortali, il k-way ma una specie di girocollo di lana e zaino sulle spalle.
30 luglio, 8a Tappa: Trioacastela – Arzua: km. 96,20.
Il mattino il bar, annesso al ristorante dove abbiamo cenato la sera, apre alle 06.00! Inaudito. E’ affollatissimo e per fare la colazione bisogna aspettare un po’ in quanto c’è un solo barista. Non appena fatta la colazione via per Samos, inizialmente per un lungo tratto sulla strada asfaltata. Il solito Renzo, sempre in avanscoperta, non vede la freccia del sentiero e continua imperterrito. Quando poi si accorge che noi non ci siamo più ci chiama, 100 metri prima che ci incrociassimo, in quanto il sentiero ritornava sulla strada asfaltata. Su un tratto sconnesso in discesa sono costretto a fermarmi. Alla ripartenza non riesco a infilare la punta della scarpa nei puntapiedi e quello di sinistra, incocciando un sasso fa da leva e mi fare un carpiato con avvitamento in avanti. Velocità zero, quindi per fortuna niente danni. Paura però tanta! Presso il monastero di Samos, dove incrociamo Luca, facciamo le foto di rito e poi via. Siamo in Galizia ed il paesaggio è: torrenti sul sentiero – dove sei costretto a scendere – anche Renzo, piantagioni di eucalipti a non finire, buoi sui sentieri con annessi e connessi per quanto riguarda l’olezzo delle fattorie e dei mangimi che impregnano l’aria di un odore dolciastro tipo barbabietola da zucchero, “mojones” – cippi che ogni 500 m. ti scandiscono la distanza che ti separa a Santiago – una specie di tormento psicologico che anziché abbreviare ti allunga gli ultimi km., il primo è posto sulla salita al O’Cebreiro a 150 km dalla meta, horreos (tipici granai locali) e continui saliscendi.
Al cippo dei 100 km non possiamo non fare la foto di rito.
A Franco, nello scendere dalla bici, gli si apre la scarpa destra. E pensare che per quelle scarpe, super lusso ma ormai obsolete aveva dato ben 70 Euro al buon Benedetti. Appena messe, durante gli allenamenti prima di partire si erano aperte e lui anzichè buttarle le aveva riparate col silicone. Con l’aiuto di Elia provvede ad una riparazione veloce utilizzando il nastro delle ruote. Il pomeriggio, una volta arrivati ad Arzua, la riparazione viene perfezionata!
La sfortuna di Franco viene però ricompensata 20 minuti dopo con lo scoprimento dei suoi possedimenti in Spagna. Non si ricordava più che in quel di Paradela c’era una frazione con il suo nome!
La sosta pranzo la fissiamo per Gonzar ma Luca, visto che si tratta di due case e non c’è parcheggio per il camper, lo sposta alcuni km più avanti presso un bivio. Ci rimpinziamo, come al solito. Solo che ora il vino che beviamo è quello locale: il nostro è defunto già da alcuni giorni. A Palas de Rei incrociamo uno sposalizio, è sabato, e ci facciamo immortalare davanti alla chiesa dove sono state celebrate le nozze avvolti in kilometri e kilometri di carta igienica, che ci fanno anche da coda. Un caldo opprimente ed un sole cocente mandano in ebollizione le cellule grigie di alcuni componenti il gruppo e, per rimediare, Elia fa un bagno ristoratore nella fontana e Franco con il casco, a mo’ di secchio, si rinfresca le idee.
Una volta calmati i bollenti spiriti ripartiamo e verso le 17.00 arriviamo ad Arzua dove decidiamo, non per i letti a castello, ma per delle camere a 2-3 letti – molto più confortevoli e poco più costose. La sera approfittiamo delle strutture dell’albergo per fare la nostra cena fredda. Dopo cena, visto che ormai mancano pochi km. a Santiago, facciamo il punto della situazione con la partecipazione anche di Giancarlo, che nel frattempo era arrivato.
Con toni un po’ accesi si scontrano due idee. Fare gli ultimi km su strada normale, per guadagnare tempo, e avere quindi più tempo a disposizione a Santiago o seguire il camino, col rischio magari di arrivare tardi per la messa e/o kilometriche code per recuperare, presso l’Officina del Peregrino, l’attestato. Visto che non riusciamo a trovare un accordo decidiamo che ciascuno farà il percorso che vuole e ci diamo appuntamento per il pomeriggio alle 18.00 in piazza della Cattedrale.
31 luglio, 9a Tappa: Arzua – Santiago: km. 39,10.
Anche qui il mattino riusciamo a fare colazione presto: ci avevano detto che aprivano alle 07.00 mentre invece il bar è attivo dalle 06.00. Un volta rifocillati via. E’ una mattina, come tutte le altre. Molte nuvole, freddo, nonostante siamo a soli 350 m. slm. Partiamo quindi con maniche e k-way, anche perché minaccia pioggia e tutti insieme, Luca compreso – la notte ha portato consiglio e stemperato i bollenti spiriti della sera precedente. A circa 15 km dalla meta Luca fa la strada normale per accompagnare il camper e noi questa volta seguiamo il sentiero, che ha però pochi tratti di sterrato.
Alle 09.30 siamo al Monte do Gozo e subito dopo entriamo in Santiago. Dalla periferia alla Cattedrale è una coda senza fine e quindi ci mettiamo a pedalare di buona lena in quanto ci diciamo che se tutti questi arrivano prima di noi, l’attestato noi lo avremo chissà quando. All’arrivo però i nostri timori svaniscono e espletiamo le formalità in breve tempo.
La sfortuna di Franco viene però ricompensata 20 minuti dopo con lo scoprimento dei suoi possedimenti in Spagna. Non si ricordava più che in quel di Paradela c’era una frazione con il suo nome!
La sosta pranzo la fissiamo per Gonzar ma Luca, visto che si tratta di due case e non c’è parcheggio per il camper, lo sposta alcuni km più avanti presso un bivio. Ci rimpinziamo, come al solito. Solo che ora il vino che beviamo è quello locale: il nostro è defunto già da alcuni giorni. A Palas de Rei incrociamo uno sposalizio, è sabato, e ci facciamo immortalare davanti alla chiesa dove sono state celebrate le nozze avvolti in kilometri e kilometri di carta igienica, che ci fanno anche da coda. Un caldo opprimente ed un sole cocente mandano in ebollizione le cellule grigie di alcuni componenti il gruppo e, per rimediare, Elia fa un bagno ristoratore nella fontana e Franco con il casco, a mo’ di secchio, si rinfresca le idee.
Una volta calmati i bollenti spiriti ripartiamo e verso le 17.00 arriviamo ad Arzua dove decidiamo, non per i letti a castello, ma per delle camere a 2-3 letti – molto più confortevoli e poco più costose. La sera approfittiamo delle strutture dell’albergo per fare la nostra cena fredda. Dopo cena, visto che ormai mancano pochi km. a Santiago, facciamo il punto della situazione con la partecipazione anche di Giancarlo, che nel frattempo era arrivato.
Con toni un po’ accesi si scontrano due idee. Fare gli ultimi km su strada normale, per guadagnare tempo, e avere quindi più tempo a disposizione a Santiago o seguire il camino, col rischio magari di arrivare tardi per la messa e/o kilometriche code per recuperare, presso l’Officina del Peregrino, l’attestato. Visto che non riusciamo a trovare un accordo decidiamo che ciascuno farà il percorso che vuole e ci diamo appuntamento per il pomeriggio alle 18.00 in piazza della Cattedrale.
31 luglio, 9a Tappa: Arzua – Santiago: km. 39,10.
Anche qui il mattino riusciamo a fare colazione presto: ci avevano detto che aprivano alle 07.00 mentre invece il bar è attivo dalle 06.00. Un volta rifocillati via. E’ una mattina, come tutte le altre. Molte nuvole, freddo, nonostante siamo a soli 350 m. slm. Partiamo quindi con maniche e k-way, anche perché minaccia pioggia e tutti insieme, Luca compreso – la notte ha portato consiglio e stemperato i bollenti spiriti della sera precedente. A circa 15 km dalla meta Luca fa la strada normale per accompagnare il camper e noi questa volta seguiamo il sentiero, che ha però pochi tratti di sterrato.
Alle 09.30 siamo al Monte do Gozo e subito dopo entriamo in Santiago. Dalla periferia alla Cattedrale è una coda senza fine e quindi ci mettiamo a pedalare di buona lena in quanto ci diciamo che se tutti questi arrivano prima di noi, l’attestato noi lo avremo chissà quando. All’arrivo però i nostri timori svaniscono e espletiamo le formalità in breve tempo.
Elia aveva notato che la mia ruota posteriore avanzava come una biscia. In attesa di ricevere l’attestato controlliamo i raggi – sono quasi tutti allentati e quindi Elia provvede a sistemarmeli tutti con il suo attrezzo universale.
Parcheggiamo le biciclette nel cortile dell’”Oficina del Peregrino”, nelle apposite rastrelliere e le assicuriamo con le catene – un pensiero in meno per la giornata! Una volta ricevuto l’attestato andiamo in piazza per le foto di rito in attesa della S. Messa, prevista per le ore 12.00. Entriamo 10 minuti prima sperando di poterci sedere ma la chiesa è già stracolma ed i posti a sedere un’utopia.
Una volta terminata la cerimonia un certo languorino ci spinge alla ricerca di un buon ristorante, che troviamo non lontano dalla cattedrale. Alle 14.00 circa i nostri tavolini si riempiono di piatti di portata stracolmi di pesci e crostacei in tutte le salse. Alla fine per digerire il pranzo luculliano, ed a buon mercato, tutti chiedono il caffè ristretto: io opto per un “Irish coffee”. Quando poi vedono il mio “coffee” altri mi seguono.
Parcheggiamo le biciclette nel cortile dell’”Oficina del Peregrino”, nelle apposite rastrelliere e le assicuriamo con le catene – un pensiero in meno per la giornata! Una volta ricevuto l’attestato andiamo in piazza per le foto di rito in attesa della S. Messa, prevista per le ore 12.00. Entriamo 10 minuti prima sperando di poterci sedere ma la chiesa è già stracolma ed i posti a sedere un’utopia.
Una volta terminata la cerimonia un certo languorino ci spinge alla ricerca di un buon ristorante, che troviamo non lontano dalla cattedrale. Alle 14.00 circa i nostri tavolini si riempiono di piatti di portata stracolmi di pesci e crostacei in tutte le salse. Alla fine per digerire il pranzo luculliano, ed a buon mercato, tutti chiedono il caffè ristretto: io opto per un “Irish coffee”. Quando poi vedono il mio “coffee” altri mi seguono.
Visto che è ancora presto ed il tempo promette bene decidiamo di fare alcuni dei 123 km che ci separano da fisterra, via costa. Ci diamo quindi appuntamento per le ore 16.00 per partire.
Per favorire la digestione andiamo a visitare il parco cittadino, dove eucalipti secolari e giganti fanno bella mostra della loro imponenza e da dove si può godere un panorama stupendo sulla città e sulla cattedrale. Sulla via del ritorno ci fermiamo ad ogni chioschetto ed incominciamo a fare acquisti di ricordini da portare a parenti, amici e conoscenti, a ricordo della nostra impresa! La via del rientro è allietata da due gentili donzelle, che ci permettono, senza mai profferire parola alcuna, di assumere atteggiamenti anche osé nonostante sia la prima volta che le incontriamo! Per fortuna che le mogli sono lontane, diversamente…. e poi le donzelle sono delle statue…. Acquistiamo anche alcune cartoline ma essendo domenica sia le Poste che i “Tabaccai” sono chiusi e quindi niente francobolli.
Per favorire la digestione andiamo a visitare il parco cittadino, dove eucalipti secolari e giganti fanno bella mostra della loro imponenza e da dove si può godere un panorama stupendo sulla città e sulla cattedrale. Sulla via del ritorno ci fermiamo ad ogni chioschetto ed incominciamo a fare acquisti di ricordini da portare a parenti, amici e conoscenti, a ricordo della nostra impresa! La via del rientro è allietata da due gentili donzelle, che ci permettono, senza mai profferire parola alcuna, di assumere atteggiamenti anche osé nonostante sia la prima volta che le incontriamo! Per fortuna che le mogli sono lontane, diversamente…. e poi le donzelle sono delle statue…. Acquistiamo anche alcune cartoline ma essendo domenica sia le Poste che i “Tabaccai” sono chiusi e quindi niente francobolli.
31 luglio, 9a Tappa: Santiago – Sierra de Outes: km. 43,50.
Alle 17.00 partiamo con l’intenzione di fare una quarantina di km.: pensiamo quasi tutti in discesa dato che dai 350 m di Santiago andiamo sulla costa. Ma tra Santiago e la costa ci sono delle collinette che arrivano anche a 700 m e quella che doveva essere una passeggiata diventa una piccola impresa perché i saliscendi sono molto accentuati e da 50 si sale a 700 m. slm. La sera, stanchi, ci dirigiamo, con Luca in testa, presso l’Albergo da lui individuato prima. Poco prima di arrivarci però passiamo davanti ad un altro albergo e così, tanto per controllare, chiediamo anche a loro il prezzo. Dato che risulta essere di 10 Euro inferiore ci fermiamo.
La sera, visto quello mangiato a mezzogiorno, alcuni vorrebbero mangiare solo una pizza. Chiediamo al gestore dell’albergo se ci può indicare una pizzeria vicina. Ce la indica sì ma aggiunge però che la migliore pizza è la sua. Ci fermiamo quindi e la maggior parte di noi opta per un “caldo” o minestra con verdure: Luca e Mario optano per la pizza come pure Pierangelo, ma quest’ultimo prima vuole il “caldo” però. Caldo e minestre arrivano subito (il caldo è così buono che Pierangelo non fa il bis ma il tris), come pure la seconda portata. La pizza invece latita. Finiamo di cenare e finalmente arriva la pizza: se la mangia Luca. Gli altri due pensano, arriveranno anche le nostre ora! Nel frattempo Renzo, che riposava, ci raggiunge ed anche lui ordina la pizza. Passa un’altra mezz’ora ma della seconda pizza neanche l’ombra. Incominciamo a pensare che le pizze vengano fatte una alla volta in quanto nel forno ce ne sta una sola e quindi tra impasto, lievitazione etc. ci vogliono circa 30-40 minuti per pizza. A questo punto la quarta pizza viene annullata e ci si accontenta di condividere quelle già fatte. Ci siamo messi a tavola alle 20.00 e ci alziamo alle 23.00!
La colazione del giorno dopo è prevista per le 09.00! Dopo lunga contrattazione e reiterate preghiere riusciamo a farcela anticipare alle 07.00.
1 agosto, 10a Tappa: Sierra de Outes – Fisterra: km. 78.
Siamo sul mare nel periodo più caldo dell’anno ma siamo costretti a partire ancora coperti. La strada è tutta un saliscendi, anche se non come quelli di ieri. Ogni insenatura, golfo, caletta ci invita ad una sosta per ammirare il panorama. Questo ritarda un po’ la marcia ed a fisterra arriviamo verso mezzogiorno. Ottenuto il sello e fatte le foto di rito sostiamo presso uno slargo della strada dotata di una fonte fresca ed iniziamo a smontare le nostre bici ed a caricare il camper per il viaggio di ritorno. Io vorrei bruciare le mie vecchie e gloriose scarpe che hanno fatto sia il viaggio a piedi che quello in bicicletta, ma la presenza di alberi resinosi mi sconsiglia l’accensione di qualsiasi fuoco e il rito del fuoco si trasforma nel rito del “getto”.
Una volta terminate le operazione di carico apre il Ristorante “Chez Pierangelo”. Qui i soliti noti danno fondo alle riserve di vino, ivi comprese le due bottiglie di spumante brut, doppia razione di grappa prima del bagno nelle acque dell’Atlantico.
Alle 17.00 partiamo con l’intenzione di fare una quarantina di km.: pensiamo quasi tutti in discesa dato che dai 350 m di Santiago andiamo sulla costa. Ma tra Santiago e la costa ci sono delle collinette che arrivano anche a 700 m e quella che doveva essere una passeggiata diventa una piccola impresa perché i saliscendi sono molto accentuati e da 50 si sale a 700 m. slm. La sera, stanchi, ci dirigiamo, con Luca in testa, presso l’Albergo da lui individuato prima. Poco prima di arrivarci però passiamo davanti ad un altro albergo e così, tanto per controllare, chiediamo anche a loro il prezzo. Dato che risulta essere di 10 Euro inferiore ci fermiamo.
La sera, visto quello mangiato a mezzogiorno, alcuni vorrebbero mangiare solo una pizza. Chiediamo al gestore dell’albergo se ci può indicare una pizzeria vicina. Ce la indica sì ma aggiunge però che la migliore pizza è la sua. Ci fermiamo quindi e la maggior parte di noi opta per un “caldo” o minestra con verdure: Luca e Mario optano per la pizza come pure Pierangelo, ma quest’ultimo prima vuole il “caldo” però. Caldo e minestre arrivano subito (il caldo è così buono che Pierangelo non fa il bis ma il tris), come pure la seconda portata. La pizza invece latita. Finiamo di cenare e finalmente arriva la pizza: se la mangia Luca. Gli altri due pensano, arriveranno anche le nostre ora! Nel frattempo Renzo, che riposava, ci raggiunge ed anche lui ordina la pizza. Passa un’altra mezz’ora ma della seconda pizza neanche l’ombra. Incominciamo a pensare che le pizze vengano fatte una alla volta in quanto nel forno ce ne sta una sola e quindi tra impasto, lievitazione etc. ci vogliono circa 30-40 minuti per pizza. A questo punto la quarta pizza viene annullata e ci si accontenta di condividere quelle già fatte. Ci siamo messi a tavola alle 20.00 e ci alziamo alle 23.00!
La colazione del giorno dopo è prevista per le 09.00! Dopo lunga contrattazione e reiterate preghiere riusciamo a farcela anticipare alle 07.00.
1 agosto, 10a Tappa: Sierra de Outes – Fisterra: km. 78.
Siamo sul mare nel periodo più caldo dell’anno ma siamo costretti a partire ancora coperti. La strada è tutta un saliscendi, anche se non come quelli di ieri. Ogni insenatura, golfo, caletta ci invita ad una sosta per ammirare il panorama. Questo ritarda un po’ la marcia ed a fisterra arriviamo verso mezzogiorno. Ottenuto il sello e fatte le foto di rito sostiamo presso uno slargo della strada dotata di una fonte fresca ed iniziamo a smontare le nostre bici ed a caricare il camper per il viaggio di ritorno. Io vorrei bruciare le mie vecchie e gloriose scarpe che hanno fatto sia il viaggio a piedi che quello in bicicletta, ma la presenza di alberi resinosi mi sconsiglia l’accensione di qualsiasi fuoco e il rito del fuoco si trasforma nel rito del “getto”.
Una volta terminate le operazione di carico apre il Ristorante “Chez Pierangelo”. Qui i soliti noti danno fondo alle riserve di vino, ivi comprese le due bottiglie di spumante brut, doppia razione di grappa prima del bagno nelle acque dell’Atlantico.
Il mare è calmo ma un forte vento, tipo mistral, non ti permette di nuotare in quanto ti sbatte continuamente l’acqua in faccia e non ti lascia respirare. L’acqua poi è gelida: non più di 16-17 gradi: riferiscono i locali. La nuotata quindi, solo per i più incoscienti, è di breve durata ed in prossimità della riva perché una congestione potrebbe essere fatale. Renzo, sprovvisto di costume, fa il bagno in mutande, pur di non lasciarci scappare l’occasione! Per riscaldarci facciamo una passeggiata sulla spiaggia alla ricerca delle conchiglie, abbastanza abbondanti, e dopo poco tempo ci cambiamo ed iniziamo il viaggio di ritorno.
Io non ricordo dove mi sono cambiato e per tutto il viaggio di rientro da fisterra all’Aeroporto di Santiago ho cercato di dormicchiare per smaltire gli effetti dello spirito di…vino: bianco, rosso, spumante e grappa ingurgitati durante il pranzo e recuperare la botta di freddo della nuotata.
Una volta lasciato Luca che rientrerà in aereo, per motivi di lavoro e di spazio sul camper, omologato per 7 e non 8 passeggeri, iniziamo il nostro lungo viaggio di rientro con un giorno di anticipo sul programma.
Ad Arzua ci fermiamo per fare la spesa ed io ne approfitto per andare alla ricerca dei miei francobolli. Il primo tabaccaio ha francobolli solo per l’interno il secondo invece ne ha solo alcuni: non per tutte le cartoline che avevamo. Verso le 20.00 ci fermiamo a Becerrea per il pernottamento. Presso il primo albergo la signora ci può offrire solo il pernottamento ma non la prima colazione per 45,00 Euro la doppia. Proseguiamo ed alla periferia estrema ne troviamo un altro per 35,00 Euro la doppia e colazione assicurata il mattino: anche per le 07.00. E’ tardi, siamo stanchi ed il Ristorante “Chez Pierangelo” è chiuso per turno. Mangiamo quindi in albergo e se il primo: caldo e minestra di verdure non sono il massimo, il secondo invece, a base di carne e patate fritte è veramente eccellente. Il proprietario poi, un simpatico vecchietto, ci ha portato 4 l. di buon vino fatto da lui con uve acquistate nella Rioja. Come di consueto poi una parola tira l’altra ed alla fine al vino ha aggiunto un bel po’ di grappe nostrane, fatte in casa. Il risultato è che mia figlia, una volta rientrato, mi ha chiesto: “ Ma papà quando ti ho chiamato alcuni giorni fa verso le 22.00 avevi bevuto?”
Il tempo si sta guastando e minacciose nubi fanno capolino. Sospendiamo la passeggiata post cena in quanto incomincia a piovigginare.
2 agosto: Secondo giorno di rientro.
Il mattino ci svegliamo con la pioggia ed una volta fatta la colazione ci mettiamo in viaggio. Al primo bivio sbagliamo l’innesto sulla superstrada per via dei doppi segnali con le stesse indicazioni. Rimediamo alcuni km dopo. Stiamo attraversando la zona del famoso O’Cebreiro. Attraversiamo tutta la Spagna settentrionale passando per Leon, Burgos, Vitoria Gasteiz e San Sebastian. Oggi ci attendono circa 1000 km con alla guida del camper i soliti noti: Elia, Pierangelo e Mario. Il passatempo preferito di Renzo è quello di riposare nella cuccetta posteriore. Prima di Vitoria Gasteiz ci fermiamo presso un “Area de descanso” per il nostro pranzo a bordo. Mai scelta fu più infelice per quanto riguarda il posto. Una volta ripartiti si ripone il problema dei francobolli e della spedizione delle cartoline già affrancate. Decidiamo di fermarci ad Alsasua. Un paese abbastanza grosso e poco fuori la Carretera National N. 1. Pure questa nostra decisione non si rivela molto azzeccata in quanto: non si può andare in centro per via diretta in quanto c’è un’altezza massima di m. 2.90 – dobbiamo quindi passare per la periferia, il paese sviluppato su pianta e vie concentriche è tutto un senso unico, a quell’ora tutti i “Tabaccai” sono chiusi. Riusciamo però a trovare una casetta della posta dove imbuchiamo le cartoline di Renzo e Elia. Ripreso il nostro cammino ci dirigiamo a passo spedito, ma non tanto in quanto siamo nella zona dei Monti Cantabrici e quindi si sale, verso San Sebastiano e poi Biarritz, Bayonne, Pau. Alla fine arriviamo a Lourdes verso le 17,30 dove abbiamo deciso di sostare in quanto due di noi non ci erano mai stati. Noto con stupore che c’è un bel sole: strano per Lourdes mi dico. Infatti, nelle mie precedenti visite, ho sempre trovato, nel periodo estivo, pioggia, vento e freddo. Questo mia opinione è condivisa anche dagli altri che avevano visitato in passato anche loro, ed in diverse occasioni, Lourdes. Pierangelo, memore dell’accoglienza avuta nel 2005 da parte di Padre Biffi ci porta direttamente alla sua sede dietro la basilica. Qui una sbarra ci impedisce l’accesso all’interno ma lui riesce a farsi aprire dal custode. Io intanto vado alla ricerca del Padre Biffi. Il portinaio mi dice che Padre Biffi, che non risponde dalla sua stanza, forse potrebbe essere impegnato nella recita del rosario in piazza. Non possiamo aspettare che finisca ed allora in brevi parole spiego al portinaio le nostre esigenze: dormire per quella notte per 7 e parcheggio per il nostro camper. Il solerte portinaio alza la cornetta e chiama la reception dell’Istituto Pierre et Paul, a 200 m di distanza. Qui mi fa parlare con una suora la quale mi conferma che non c’è problema per ospitarci per una notte. Di corsa ci rechiamo all’Istituto. Prendiamo possesso delle nostre camere e parcheggiamo il camper nel cortile dell’Istituto. Nel frattempo le nubi avevano coperto il cielo ed aveva iniziato a piovere: Lourdes non si smentisce mai! Dato che è tardi ceniamo in fretta e furia sempre “Chez Pierangelo” e ci incamminiamo con tanto di ombrelli verso la Basilica per la funzione della processione prevista per le 21.00. La funzione risulta molto suggestiva. I flambeaux però si spengono in continuazione: alla fine, stanchi di riaccenderli, li lasciamo spenti in quanto la lotta contro vento e pioggia è impari. Una volta terminata la processione ci rechiamo presso la grotta in attesa della messa delle 23.00, seguita dall’adorazione eucaristica. Il tutto termina verso la mezzanotte ed alla fine stanchi ed infreddoliti ci rechiamo a dormire.
Io non ricordo dove mi sono cambiato e per tutto il viaggio di rientro da fisterra all’Aeroporto di Santiago ho cercato di dormicchiare per smaltire gli effetti dello spirito di…vino: bianco, rosso, spumante e grappa ingurgitati durante il pranzo e recuperare la botta di freddo della nuotata.
Una volta lasciato Luca che rientrerà in aereo, per motivi di lavoro e di spazio sul camper, omologato per 7 e non 8 passeggeri, iniziamo il nostro lungo viaggio di rientro con un giorno di anticipo sul programma.
Ad Arzua ci fermiamo per fare la spesa ed io ne approfitto per andare alla ricerca dei miei francobolli. Il primo tabaccaio ha francobolli solo per l’interno il secondo invece ne ha solo alcuni: non per tutte le cartoline che avevamo. Verso le 20.00 ci fermiamo a Becerrea per il pernottamento. Presso il primo albergo la signora ci può offrire solo il pernottamento ma non la prima colazione per 45,00 Euro la doppia. Proseguiamo ed alla periferia estrema ne troviamo un altro per 35,00 Euro la doppia e colazione assicurata il mattino: anche per le 07.00. E’ tardi, siamo stanchi ed il Ristorante “Chez Pierangelo” è chiuso per turno. Mangiamo quindi in albergo e se il primo: caldo e minestra di verdure non sono il massimo, il secondo invece, a base di carne e patate fritte è veramente eccellente. Il proprietario poi, un simpatico vecchietto, ci ha portato 4 l. di buon vino fatto da lui con uve acquistate nella Rioja. Come di consueto poi una parola tira l’altra ed alla fine al vino ha aggiunto un bel po’ di grappe nostrane, fatte in casa. Il risultato è che mia figlia, una volta rientrato, mi ha chiesto: “ Ma papà quando ti ho chiamato alcuni giorni fa verso le 22.00 avevi bevuto?”
Il tempo si sta guastando e minacciose nubi fanno capolino. Sospendiamo la passeggiata post cena in quanto incomincia a piovigginare.
2 agosto: Secondo giorno di rientro.
Il mattino ci svegliamo con la pioggia ed una volta fatta la colazione ci mettiamo in viaggio. Al primo bivio sbagliamo l’innesto sulla superstrada per via dei doppi segnali con le stesse indicazioni. Rimediamo alcuni km dopo. Stiamo attraversando la zona del famoso O’Cebreiro. Attraversiamo tutta la Spagna settentrionale passando per Leon, Burgos, Vitoria Gasteiz e San Sebastian. Oggi ci attendono circa 1000 km con alla guida del camper i soliti noti: Elia, Pierangelo e Mario. Il passatempo preferito di Renzo è quello di riposare nella cuccetta posteriore. Prima di Vitoria Gasteiz ci fermiamo presso un “Area de descanso” per il nostro pranzo a bordo. Mai scelta fu più infelice per quanto riguarda il posto. Una volta ripartiti si ripone il problema dei francobolli e della spedizione delle cartoline già affrancate. Decidiamo di fermarci ad Alsasua. Un paese abbastanza grosso e poco fuori la Carretera National N. 1. Pure questa nostra decisione non si rivela molto azzeccata in quanto: non si può andare in centro per via diretta in quanto c’è un’altezza massima di m. 2.90 – dobbiamo quindi passare per la periferia, il paese sviluppato su pianta e vie concentriche è tutto un senso unico, a quell’ora tutti i “Tabaccai” sono chiusi. Riusciamo però a trovare una casetta della posta dove imbuchiamo le cartoline di Renzo e Elia. Ripreso il nostro cammino ci dirigiamo a passo spedito, ma non tanto in quanto siamo nella zona dei Monti Cantabrici e quindi si sale, verso San Sebastiano e poi Biarritz, Bayonne, Pau. Alla fine arriviamo a Lourdes verso le 17,30 dove abbiamo deciso di sostare in quanto due di noi non ci erano mai stati. Noto con stupore che c’è un bel sole: strano per Lourdes mi dico. Infatti, nelle mie precedenti visite, ho sempre trovato, nel periodo estivo, pioggia, vento e freddo. Questo mia opinione è condivisa anche dagli altri che avevano visitato in passato anche loro, ed in diverse occasioni, Lourdes. Pierangelo, memore dell’accoglienza avuta nel 2005 da parte di Padre Biffi ci porta direttamente alla sua sede dietro la basilica. Qui una sbarra ci impedisce l’accesso all’interno ma lui riesce a farsi aprire dal custode. Io intanto vado alla ricerca del Padre Biffi. Il portinaio mi dice che Padre Biffi, che non risponde dalla sua stanza, forse potrebbe essere impegnato nella recita del rosario in piazza. Non possiamo aspettare che finisca ed allora in brevi parole spiego al portinaio le nostre esigenze: dormire per quella notte per 7 e parcheggio per il nostro camper. Il solerte portinaio alza la cornetta e chiama la reception dell’Istituto Pierre et Paul, a 200 m di distanza. Qui mi fa parlare con una suora la quale mi conferma che non c’è problema per ospitarci per una notte. Di corsa ci rechiamo all’Istituto. Prendiamo possesso delle nostre camere e parcheggiamo il camper nel cortile dell’Istituto. Nel frattempo le nubi avevano coperto il cielo ed aveva iniziato a piovere: Lourdes non si smentisce mai! Dato che è tardi ceniamo in fretta e furia sempre “Chez Pierangelo” e ci incamminiamo con tanto di ombrelli verso la Basilica per la funzione della processione prevista per le 21.00. La funzione risulta molto suggestiva. I flambeaux però si spengono in continuazione: alla fine, stanchi di riaccenderli, li lasciamo spenti in quanto la lotta contro vento e pioggia è impari. Una volta terminata la processione ci rechiamo presso la grotta in attesa della messa delle 23.00, seguita dall’adorazione eucaristica. Il tutto termina verso la mezzanotte ed alla fine stanchi ed infreddoliti ci rechiamo a dormire.
3 Agosto: Terzo giorno di rientro.
Alle 05.30 Franco ed io ci alziamo in quanto vogliamo visitare le tre chiesa della basilica e quella interrata di san Pio X. La sera prima infatti non avevamo potuto accedervi in quanto chiuse dopo le 20:00. Nella chiesa dedicata a Santa Bernadette incrociamo un gruppo di pellegrini di Montichiari che stanno ascoltando la S. Messa. Il tempo: tanto per non smentirci è uggioso e fa freddo. Non piove ma le strade completamente bagnate confermano che deve aver piovuto per tutta la notte.
Terminata la nostra visita facciamo un’ultima capatina alla grotta e poi all’Istituto per la colazione fissata con gli altri per le ore 07.00. Subito dopo, con alla guida Elia, riprendiamo il nostro viaggio di rientro. Qualcuno vorrebbe tornare a casa senza soste particolari ma alla fine decidiamo di sostare a Carcassone. Un camion finito fuori strada, molto probabilmente per un colpo di sonno dell’autista, ci rallenta la marcia di 30 minuti prima di Toulouse. Arriviamo a Carcassone verso le 11.30 e sino alle 13.00 visitiamo la splendida cittadina con le sue imponenti mura ed il borgo medioevale quasi intatto. Il tempo è cambiato ed un sole, dapprima timido, si fa sempre cocente. Terminata la visita ci rechiamo al ristorante “Chez Pierangelo” e subito dopo ripartiamo. La visita al ”Pont du Gard”, da me proposta, viene bocciata da un no perentorio di chi voleva visitarlo in bicicletta ma non ha potuto farlo per maltempo, vento e freddo e dall’indifferenza di tutti gli altri.
Via quindi, a tutto gas, in direzione Italia. Qualcuno vorrebbe arrivare a Grumello ma la distanza: ancora 1000 km circa ed il tempo a disposizione, sono le 14,30 del pomeriggio, rendono il desiderio un’utopia. Partiamo quindi con l’idea di arrivare in Italia e pernottare appena superato il confine. Il viaggio prosegue regolare con la solita alternanza degli autisti e con un ultimo strappo a pieno regime Elia ci porta a Ventimiglia dove arriviamo verso le 20.30: abbastanza stanchi e accaldati. Percorriamo la litoranea in cerca di un ristorante ma visto che sulla strada ristoranti con parcheggi per camper non ce ne sono decidiamo di fermarci a Bordighera, nel parcheggio del porto turistico, e andare poi sul lungomare/centro alla ricerca di una pizzeria. Sul lungomare un abitante del luogo ci consiglia una pizzeria in centro. Il fatto che sia piena conferma la bontà del locale. Però, ci sono posti a sedere solo all’interno, ma visto il caldo e l’afa decidiamo di aspettare ed i 20 minuti di attesa preventivati diventano quasi 45. Ne valeva però la pena ed alla fine quando ci alziamo è quasi mezzanotte.
Facciamo una piccola passeggiata sul lungomare e subito dopo Pierangelo, Franco, Elia ed io ci accomodiamo nel camper, mentre Renzo, Giancarlo e Mario con materassino e sacco a pelo vanno sulla diga foranea del Porto Turistico e dormono sotto le stelle. Alle 02.00 mi alzo in un bagno di sudore! Apriamo i finestrini, prendiamo una boccata d’aria e ci riaddormentiamo nonostante il baccano che i giovanotti fanno sopra di noi in un bar giocando a calciobalilla. Alle 05.00 del mattino mi sveglio, vado in cerca di quelli che dormivano all’aperto e non trovandoli chiamo Renzo: già sveglio. Alle 05.30 partiamo, con l’inossidabile Elia al volante, e con l’intenzione di fermarci al primo Autogrill per fare la colazione. Visto però che qualcuno ha ripreso a dormire differiamo la colazione fino a quando il carburante ce lo permette e verso le 08.00 ci fermiamo ad un area di servizio per fare il pieno e la colazione.
Una volta rifocillati e svegliati riprendiamo la marcia con il solito Elia. Renzo che aveva dormito per quasi tutti i 2000 km nella cuccetta posteriore: questa volta è sveglio e partecipa all’animata discussione che con Pierangelo, Giancarlo e Mario intrattengono sui fatti, personaggi del loro paese. L’aria di casa incomincia a farsi sentire!
Elia, fuori casa sua, cede il volante a Pierangelo il quale ci porta sino a San Pantaleone.
Qui scarichiamo il camper: Gianfranco provvede ad effettuare le piccole riparazioni di falegnameria e Pierangelo a sistemare lo scarico della vasca delle acque grigie, rimasto danneggiato sulla salita dell’albergo di Sierra de Outes.
La gomma posteriore della mia bicicletta è ancora floscia! Anche a riposo si buca! Non ha forato nessuno all’infuori di me. Mi consolo dicendo che ho forato per tutti!
KILOMETRAGGIO:
Il contakilometri della mia mountain-bike, regolato alcuni giorni prima di partire, alla fine segnava 929 km visto però che, rispetto al GPS, segnava ogni giorno circa 2 km in meno alla fines i km totali potrebbero essere stati circa 950 da St. Jean Pied de Port a Santiago e poi a fisterra - via costa - ivi compresi anche i km. fatti in più su e giù dagli ostelli al camper ed i circa 8-10 km. di strade sbagliate.
Complimenti a tutta la combriccola per averci regalato anche quest'ultima impresa!
Elia, Renzo, Gianfranco, Beppe, Mario e Giancarlo, Luca ed il prezioso Pierangelo!
Un ringraziamento speciale a Beppe Algisi per il dettagliato resoconto ricco di anedotti ed emozioni!
Alle 05.30 Franco ed io ci alziamo in quanto vogliamo visitare le tre chiesa della basilica e quella interrata di san Pio X. La sera prima infatti non avevamo potuto accedervi in quanto chiuse dopo le 20:00. Nella chiesa dedicata a Santa Bernadette incrociamo un gruppo di pellegrini di Montichiari che stanno ascoltando la S. Messa. Il tempo: tanto per non smentirci è uggioso e fa freddo. Non piove ma le strade completamente bagnate confermano che deve aver piovuto per tutta la notte.
Terminata la nostra visita facciamo un’ultima capatina alla grotta e poi all’Istituto per la colazione fissata con gli altri per le ore 07.00. Subito dopo, con alla guida Elia, riprendiamo il nostro viaggio di rientro. Qualcuno vorrebbe tornare a casa senza soste particolari ma alla fine decidiamo di sostare a Carcassone. Un camion finito fuori strada, molto probabilmente per un colpo di sonno dell’autista, ci rallenta la marcia di 30 minuti prima di Toulouse. Arriviamo a Carcassone verso le 11.30 e sino alle 13.00 visitiamo la splendida cittadina con le sue imponenti mura ed il borgo medioevale quasi intatto. Il tempo è cambiato ed un sole, dapprima timido, si fa sempre cocente. Terminata la visita ci rechiamo al ristorante “Chez Pierangelo” e subito dopo ripartiamo. La visita al ”Pont du Gard”, da me proposta, viene bocciata da un no perentorio di chi voleva visitarlo in bicicletta ma non ha potuto farlo per maltempo, vento e freddo e dall’indifferenza di tutti gli altri.
Via quindi, a tutto gas, in direzione Italia. Qualcuno vorrebbe arrivare a Grumello ma la distanza: ancora 1000 km circa ed il tempo a disposizione, sono le 14,30 del pomeriggio, rendono il desiderio un’utopia. Partiamo quindi con l’idea di arrivare in Italia e pernottare appena superato il confine. Il viaggio prosegue regolare con la solita alternanza degli autisti e con un ultimo strappo a pieno regime Elia ci porta a Ventimiglia dove arriviamo verso le 20.30: abbastanza stanchi e accaldati. Percorriamo la litoranea in cerca di un ristorante ma visto che sulla strada ristoranti con parcheggi per camper non ce ne sono decidiamo di fermarci a Bordighera, nel parcheggio del porto turistico, e andare poi sul lungomare/centro alla ricerca di una pizzeria. Sul lungomare un abitante del luogo ci consiglia una pizzeria in centro. Il fatto che sia piena conferma la bontà del locale. Però, ci sono posti a sedere solo all’interno, ma visto il caldo e l’afa decidiamo di aspettare ed i 20 minuti di attesa preventivati diventano quasi 45. Ne valeva però la pena ed alla fine quando ci alziamo è quasi mezzanotte.
Facciamo una piccola passeggiata sul lungomare e subito dopo Pierangelo, Franco, Elia ed io ci accomodiamo nel camper, mentre Renzo, Giancarlo e Mario con materassino e sacco a pelo vanno sulla diga foranea del Porto Turistico e dormono sotto le stelle. Alle 02.00 mi alzo in un bagno di sudore! Apriamo i finestrini, prendiamo una boccata d’aria e ci riaddormentiamo nonostante il baccano che i giovanotti fanno sopra di noi in un bar giocando a calciobalilla. Alle 05.00 del mattino mi sveglio, vado in cerca di quelli che dormivano all’aperto e non trovandoli chiamo Renzo: già sveglio. Alle 05.30 partiamo, con l’inossidabile Elia al volante, e con l’intenzione di fermarci al primo Autogrill per fare la colazione. Visto però che qualcuno ha ripreso a dormire differiamo la colazione fino a quando il carburante ce lo permette e verso le 08.00 ci fermiamo ad un area di servizio per fare il pieno e la colazione.
Una volta rifocillati e svegliati riprendiamo la marcia con il solito Elia. Renzo che aveva dormito per quasi tutti i 2000 km nella cuccetta posteriore: questa volta è sveglio e partecipa all’animata discussione che con Pierangelo, Giancarlo e Mario intrattengono sui fatti, personaggi del loro paese. L’aria di casa incomincia a farsi sentire!
Elia, fuori casa sua, cede il volante a Pierangelo il quale ci porta sino a San Pantaleone.
Qui scarichiamo il camper: Gianfranco provvede ad effettuare le piccole riparazioni di falegnameria e Pierangelo a sistemare lo scarico della vasca delle acque grigie, rimasto danneggiato sulla salita dell’albergo di Sierra de Outes.
La gomma posteriore della mia bicicletta è ancora floscia! Anche a riposo si buca! Non ha forato nessuno all’infuori di me. Mi consolo dicendo che ho forato per tutti!
KILOMETRAGGIO:
Il contakilometri della mia mountain-bike, regolato alcuni giorni prima di partire, alla fine segnava 929 km visto però che, rispetto al GPS, segnava ogni giorno circa 2 km in meno alla fines i km totali potrebbero essere stati circa 950 da St. Jean Pied de Port a Santiago e poi a fisterra - via costa - ivi compresi anche i km. fatti in più su e giù dagli ostelli al camper ed i circa 8-10 km. di strade sbagliate.
Complimenti a tutta la combriccola per averci regalato anche quest'ultima impresa!
Elia, Renzo, Gianfranco, Beppe, Mario e Giancarlo, Luca ed il prezioso Pierangelo!
Un ringraziamento speciale a Beppe Algisi per il dettagliato resoconto ricco di anedotti ed emozioni!
UN ALPINO A GERUSALEMME IN BICICLETTA. Il racconto del protagonista.
Quest’anno il mio Pellegrinaggio in Adamello si è trasformato in “Pellegrinaggio a Gerusalemme”. Infatti quando i miei amici alpini si trovano sul Carè Alto io, con altri sei temerari ed autista con pulmino al seguito, parto, dalla Piazza di Grumello del Monte, per iniziare la mia avventura in bicicletta o meglio in mountain-bike.
Il progetto “IN VIAGGIO VERSO LA FONTE”, ideato dal Gruppo Ciclistico Valcalepio di Grumello - sotto il patrocinio dell’ Aido -, ha lo scopo di sensibilizzare la gente, tramite i “media”, sull’importanza della donazione degli organi. Infatti un partecipante, Marcello Merlo di Brunate CO, è un trapiantato di rene dal 1998.
Il viaggio, che ha richiesto una preparazione non solo fisica ma anche organizzativa di diversi mesi, mi si prospetta all’inizio quasi come un’impresa titanica da togliere il sonno. L’euforia della festa, alla partenza, mi contagia e fuga ogni dubbio e paura. Inizia così l’avventura che mi porterà dal 24 luglio al 23 agosto ad attraversare in successione: Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Turchia, Siria e Giordania, prima di arrivare alla meta dopo ben 4.300 km.
Il viaggio è affascinante ed intercalato da quattro giornate di riposo. La prima a Medjugorje per chiedere: protezione e aiuto dalla Madonna. Le altre invece più turistiche. Abbiamo visitato: Spalato, il Monastero di Rila, Edirne, Istanbul, la Cappadocia – celebre per i famosi Camini di Fata e le città sotterranee -, Aleppo, Homs, Damasco, Petra, il deserto dello Wadi Rum e per finire naturalmente Gerusalemme e Betlemme.
La lunga avventura, contrassegnata da sveglie più notturne che mattutine - in particolar modo nei luoghi più caldi –, non mi ha creato grossi problemi ed una volta trovato il giusto ritmo e senza l’assillo di dover battere dei records, sono riuscito a portarla a termine quasi senza accorgermene. Solo la tappa di Antakya mi è rimasta indigesta. Vuoi per i 750 di metri di dislivello sotto il solo di mezzogiorno, dopo averne già percorsi 120, e gli ultimi 40 km. fatti combattendo contro Eolo - e dire che fossero controvento è un eufemismo . Il tempo è stato sempre bello e clemente, eccezion fatta per la giornata di Sarajevo. Nei Balcani abbiamo trovato un clima molto umido e un po’ freddino, specie sui monti. In Turchia le temperature si sono alzate. A puro titolo di cronaca, a mezzogiorno, in Cappadocia a quota 1.000 m s.l.m. l’asfalto si fondeva mentre in Siria, Giordania ed Israele le temperature erano sui 35-40 ed alcune volte anche 45 ° C. In compenso però il clima era molto secco e quindi meno fastidioso anche se sulla salita dal Mar Morto a Gerusalemme con un dislivello di 1.200 m. - da meno 400 a 800 m. s.l.m. - , sotto il sole di mezzogiorno, il sottoscritto sembrava una fontana zampillante. Imprevisti e contrattempi ne abbiamo avuti a iosa: ivi compreso il furto di due marsupi con soldi e documenti. Risultato: uno dei membri della spedizione è stato costretto a rientrare in anticipo.
In questo pellegrinaggio sono venuto a contatto con popoli le cui tradizioni, religioni, usi e costumi sono molto differenti dai nostri. Ho attraversato regioni e città, come la Cappadocia, Tarso, Antiochia e Damasco, che sono state la culla del cristianesimo, ma che ora, a distanza di duemila anni, non conservano quasi più nulla e sono ora parte integrante del mondo mussulmano.
Gerusalemme poi, città santa per tutte e tre le principali religioni monoteistiche, ospita al suo interno:
1 - Cristiani suddivisi in: Cattolici, Protestanti, Ortodossi, Copti, Armeni, Siri, Melchiti, Maroniti e chi più ne ha più ne metta, i cui luoghi di culto sono sparsi per la città mentre la Basilica del Santo Sepolcro è oggetto di disputa, ancora oggi, tra: Ortodossi, Cattolici, Armeni, Copti e Siri. Visto che i Cristiani litigano le chiavi del Santo Sepolcro sono in mano ai Mussulmani!;
2 – Mussulmani, sia Sunniti che Sciiti, che hanno, come loro polo di attrazione con le loro stupende costruzioni, la spianata delle Moschee;
3 – ed infine gli Ebrei, anche loro suddivisi in varie correnti più o meno integraliste o liberali, che hanno come centro di culto il muro del pianto.
All’interno delle mura della città, ogni religione/confessione ha il suo quartiere - il suo ghetto - e per le strette viuzze interne, molte delle quali coperte come i suk arabi, tutti incontrano tutti. Ma è come se non si vedessero tanto è il distacco e l’indifferenza che traspare dai loro occhi nei confronti di chi non fa parte della propria confessione/credo o è “diverso”. A stemperare questo clima non aiutano certo i check-points posti sia all’ingresso che all’interno della città e tanto meno gli interrogatori di terzo grado a cui le guardie di frontiera, anche se del gentil sesso, sottopongono i malcapitati turisti che intendono visitare la Terra Santa, al di fuori dei canali turistici di massa e dei Tour Operators. Più che interrogatori sembrano lavaggi del cervello perché, ad intervalli regolari, ti ripetano la stessa domanda per vedere se per caso dai una risposta diversa.
Questo distacco e separazione, nonché clima di paura e sospetto, si concretizza nel muro di cinta, alto circa 9 metri e per ben 900 km., che gli Israeliani stanno ultimando per dividere i loro territori da quelli occupati dai Palestinesi. Visitando Betlemme, zona Palestinese, ho visto un cartello con la cartina della zona dal 1945 a oggi. Nel 1945 era tutta verde (Palestina) ora è tutta bianca (Israele) con minuscole enclaves Palestinesi.
Per dirla tutta anche le esperienze avute con i Musulmani non sono state delle migliori. La loro fede e la loro coerenza, ammirevoli per costanza e tenacia, non gli consente però di andare al di là del loro credo ed il rispetto per opinioni ed esigenze diverse non esiste e non può essere altrimenti. Anche se l’unico quartiere pieno di vita a Gerusalemme, era il loro. Il tourbillon che c’era dal calar del sole attorno alla porta di Damasco, forse anche perché eravamo in pieno Ramadan e loro potevano mangiare e bere solo la notte, era qualcosa di unico e straordinario. Era una continua notte bianca sino alle 05:00 del mattino. Barbecues improvvisati nell’aiuola spartitraffico della via principale, mercatini sui marciapiedi e negozi pieni di vita ai lati della strada. Gente che cantava, ballava, fumava narghilè sulle gradinate dell’anfiteatro davanti alla porta e nel parterre una frotta di marmocchi gioiosa e festante. Non ti lasciavano dormire ma era uno spettacolo o “un cinema senza pellicola” come diceva la mia “povera” mamma!
Questa esperienza, un melting-pot di: pellegrinaggio, turismo, avventura ed anche impresa ciclistica – lasciatemelo comunque dire - è stata stupenda ma, per i suddetti motivi, anche scioccante. Alla fine, nonostante la gioia incontenibile per il raggiungimento della meta, non riesci ad aprirti completamente al sorriso. Ma la speranza è l’ultima a morire, come recita con altre parole, il messaggio sul muro di cinta.
Giuseppe Algisi
Il progetto “IN VIAGGIO VERSO LA FONTE”, ideato dal Gruppo Ciclistico Valcalepio di Grumello - sotto il patrocinio dell’ Aido -, ha lo scopo di sensibilizzare la gente, tramite i “media”, sull’importanza della donazione degli organi. Infatti un partecipante, Marcello Merlo di Brunate CO, è un trapiantato di rene dal 1998.
Il viaggio, che ha richiesto una preparazione non solo fisica ma anche organizzativa di diversi mesi, mi si prospetta all’inizio quasi come un’impresa titanica da togliere il sonno. L’euforia della festa, alla partenza, mi contagia e fuga ogni dubbio e paura. Inizia così l’avventura che mi porterà dal 24 luglio al 23 agosto ad attraversare in successione: Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Turchia, Siria e Giordania, prima di arrivare alla meta dopo ben 4.300 km.
Il viaggio è affascinante ed intercalato da quattro giornate di riposo. La prima a Medjugorje per chiedere: protezione e aiuto dalla Madonna. Le altre invece più turistiche. Abbiamo visitato: Spalato, il Monastero di Rila, Edirne, Istanbul, la Cappadocia – celebre per i famosi Camini di Fata e le città sotterranee -, Aleppo, Homs, Damasco, Petra, il deserto dello Wadi Rum e per finire naturalmente Gerusalemme e Betlemme.
La lunga avventura, contrassegnata da sveglie più notturne che mattutine - in particolar modo nei luoghi più caldi –, non mi ha creato grossi problemi ed una volta trovato il giusto ritmo e senza l’assillo di dover battere dei records, sono riuscito a portarla a termine quasi senza accorgermene. Solo la tappa di Antakya mi è rimasta indigesta. Vuoi per i 750 di metri di dislivello sotto il solo di mezzogiorno, dopo averne già percorsi 120, e gli ultimi 40 km. fatti combattendo contro Eolo - e dire che fossero controvento è un eufemismo . Il tempo è stato sempre bello e clemente, eccezion fatta per la giornata di Sarajevo. Nei Balcani abbiamo trovato un clima molto umido e un po’ freddino, specie sui monti. In Turchia le temperature si sono alzate. A puro titolo di cronaca, a mezzogiorno, in Cappadocia a quota 1.000 m s.l.m. l’asfalto si fondeva mentre in Siria, Giordania ed Israele le temperature erano sui 35-40 ed alcune volte anche 45 ° C. In compenso però il clima era molto secco e quindi meno fastidioso anche se sulla salita dal Mar Morto a Gerusalemme con un dislivello di 1.200 m. - da meno 400 a 800 m. s.l.m. - , sotto il sole di mezzogiorno, il sottoscritto sembrava una fontana zampillante. Imprevisti e contrattempi ne abbiamo avuti a iosa: ivi compreso il furto di due marsupi con soldi e documenti. Risultato: uno dei membri della spedizione è stato costretto a rientrare in anticipo.
In questo pellegrinaggio sono venuto a contatto con popoli le cui tradizioni, religioni, usi e costumi sono molto differenti dai nostri. Ho attraversato regioni e città, come la Cappadocia, Tarso, Antiochia e Damasco, che sono state la culla del cristianesimo, ma che ora, a distanza di duemila anni, non conservano quasi più nulla e sono ora parte integrante del mondo mussulmano.
Gerusalemme poi, città santa per tutte e tre le principali religioni monoteistiche, ospita al suo interno:
1 - Cristiani suddivisi in: Cattolici, Protestanti, Ortodossi, Copti, Armeni, Siri, Melchiti, Maroniti e chi più ne ha più ne metta, i cui luoghi di culto sono sparsi per la città mentre la Basilica del Santo Sepolcro è oggetto di disputa, ancora oggi, tra: Ortodossi, Cattolici, Armeni, Copti e Siri. Visto che i Cristiani litigano le chiavi del Santo Sepolcro sono in mano ai Mussulmani!;
2 – Mussulmani, sia Sunniti che Sciiti, che hanno, come loro polo di attrazione con le loro stupende costruzioni, la spianata delle Moschee;
3 – ed infine gli Ebrei, anche loro suddivisi in varie correnti più o meno integraliste o liberali, che hanno come centro di culto il muro del pianto.
All’interno delle mura della città, ogni religione/confessione ha il suo quartiere - il suo ghetto - e per le strette viuzze interne, molte delle quali coperte come i suk arabi, tutti incontrano tutti. Ma è come se non si vedessero tanto è il distacco e l’indifferenza che traspare dai loro occhi nei confronti di chi non fa parte della propria confessione/credo o è “diverso”. A stemperare questo clima non aiutano certo i check-points posti sia all’ingresso che all’interno della città e tanto meno gli interrogatori di terzo grado a cui le guardie di frontiera, anche se del gentil sesso, sottopongono i malcapitati turisti che intendono visitare la Terra Santa, al di fuori dei canali turistici di massa e dei Tour Operators. Più che interrogatori sembrano lavaggi del cervello perché, ad intervalli regolari, ti ripetano la stessa domanda per vedere se per caso dai una risposta diversa.
Questo distacco e separazione, nonché clima di paura e sospetto, si concretizza nel muro di cinta, alto circa 9 metri e per ben 900 km., che gli Israeliani stanno ultimando per dividere i loro territori da quelli occupati dai Palestinesi. Visitando Betlemme, zona Palestinese, ho visto un cartello con la cartina della zona dal 1945 a oggi. Nel 1945 era tutta verde (Palestina) ora è tutta bianca (Israele) con minuscole enclaves Palestinesi.
Per dirla tutta anche le esperienze avute con i Musulmani non sono state delle migliori. La loro fede e la loro coerenza, ammirevoli per costanza e tenacia, non gli consente però di andare al di là del loro credo ed il rispetto per opinioni ed esigenze diverse non esiste e non può essere altrimenti. Anche se l’unico quartiere pieno di vita a Gerusalemme, era il loro. Il tourbillon che c’era dal calar del sole attorno alla porta di Damasco, forse anche perché eravamo in pieno Ramadan e loro potevano mangiare e bere solo la notte, era qualcosa di unico e straordinario. Era una continua notte bianca sino alle 05:00 del mattino. Barbecues improvvisati nell’aiuola spartitraffico della via principale, mercatini sui marciapiedi e negozi pieni di vita ai lati della strada. Gente che cantava, ballava, fumava narghilè sulle gradinate dell’anfiteatro davanti alla porta e nel parterre una frotta di marmocchi gioiosa e festante. Non ti lasciavano dormire ma era uno spettacolo o “un cinema senza pellicola” come diceva la mia “povera” mamma!
Questa esperienza, un melting-pot di: pellegrinaggio, turismo, avventura ed anche impresa ciclistica – lasciatemelo comunque dire - è stata stupenda ma, per i suddetti motivi, anche scioccante. Alla fine, nonostante la gioia incontenibile per il raggiungimento della meta, non riesci ad aprirti completamente al sorriso. Ma la speranza è l’ultima a morire, come recita con altre parole, il messaggio sul muro di cinta.
Giuseppe Algisi
“IN VIAGGIO VERSO LA FONTE”: da Grumello a Gerusalemme in bicicletta, percorrendo 4299 km, dal 24 Luglio al 27 Agosto 2010.
Un’iniziativa promossa dal Gruppo Ciclistico Valcalepio (ASD Grumello del Monte), in collaborazione con la Caritas Parrocchiale e AIDO – Consiglio Regionale Lombardia.
Un viaggio in bicicletta che prevede il raggiungimento via terra della città di Gerusalemme (attraversando Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Turchia, Siria, Giordania, Territori Palestinesi e Israele), con la partecipazione di un trapiantato di rene.
Complimenti vivissimi ai 7 cavalieri, che hanno realizzato questa impresa:
Sig. Piroli, Luca, Paolo, Beppe, Giancarlo, Marco e Marcello.
Invitiamo tutti a leggere l'emozionante Diario di ogni tappa del Viaggio verso la Fonte, sul sito dell'ASD Gruppo Ciclistico Valcalepio: www.gruppociclisticovalcalepio.it
Un’iniziativa promossa dal Gruppo Ciclistico Valcalepio (ASD Grumello del Monte), in collaborazione con la Caritas Parrocchiale e AIDO – Consiglio Regionale Lombardia.
Un viaggio in bicicletta che prevede il raggiungimento via terra della città di Gerusalemme (attraversando Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Turchia, Siria, Giordania, Territori Palestinesi e Israele), con la partecipazione di un trapiantato di rene.
Complimenti vivissimi ai 7 cavalieri, che hanno realizzato questa impresa:
Sig. Piroli, Luca, Paolo, Beppe, Giancarlo, Marco e Marcello.
Invitiamo tutti a leggere l'emozionante Diario di ogni tappa del Viaggio verso la Fonte, sul sito dell'ASD Gruppo Ciclistico Valcalepio: www.gruppociclisticovalcalepio.it
Questa sezione del sito degli Amici del Pedale è dedicata ai Nostri atleti "Superaiders", ovvero a quegli atleti che sui pedali "volano" i chilometri... chi più chi meno,
l'importante è avere un sogno "a due ruote" e realizzarlo!
Passione, forza, coraggio, determinazione, sono solo alcune delle doti che, solo chi è sui pedali, conosce e comprende e gli permettono di raggiungere il proprio obiettivo!
Non smettete mai di sognare... Buone pedalate a tutti!
l'importante è avere un sogno "a due ruote" e realizzarlo!
Passione, forza, coraggio, determinazione, sono solo alcune delle doti che, solo chi è sui pedali, conosce e comprende e gli permettono di raggiungere il proprio obiettivo!
Non smettete mai di sognare... Buone pedalate a tutti!